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Processo Mediaset, Franco Coppi vince comunque

Comunque vada, Franco Coppi ha già vinto. È l’avvocato cassazionista scelto da Silvio Berlusconi per l’ultimo grado del processo Mediaset il personaggio che “buca” le cronache di queste giornate in attesa dell’ultima parola della Suprema corte.

La sua professionalità e la sua esperienza che nessuno osa mettere in discussione, il suo essere diametralmente opposto dal suo assistito nei comportamenti, lui così pacato, rispettoso, mai una parola di troppo, e l’avere imposto il low profile anche a tutto il “circo berlusconiano”, l’hanno reso simpatico e positivo agli occhi della rete e dei commentatori.

Così, tra i vari elogi, c’è quello dell’editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito che arriva ad ipotizzare su Twitter: “Ma non si potrebbe avere Franco Coppi leader del Pdl?”. Su Europa, il direttore Stefano Menichini suggerisce il “metodo Coppi” anche in politica “nella salvaguardia ostinata della stabilità delle larghe intese, soprattutto contro i tic beluini dei berlusconiani da battaglia. Meglio così per l’Italia”. E sull’Huffington post, Andrea Bassi pronuncia uno “chapeau” per lo schema difensivo formulato ieri: “’Il fatto non costituisce reato’. Il coniglio tirato fuori dal cilindro da Franco Coppi, il principe del Foro chiamato ad affiancare Ghedini in Cassazione per provare a salvare Silvio Berlusconi è questo. Non era venuto in mente a nessuno dei suoi avvocati”. Anche se l’avvocato tende a spegnere i facili entusiasmi: “Niente entusiasmi. Io sono una vecchia battona dei tribunali, mi piace difendere: chiunque”, ha detto ieri al Fatto quotidiano.

Settantaquattro anni, nato a Tripoli per caso, visto che suo padre dirigente della Fiat si trovava per lavoro in Libia, studi alla Sapienza, supersitizioso, “vado in giro con le corna” ha dichiarato alla stampa, e appassionato di pittura e di cravatte, Coppi ne ha fatta di strada. E’ stato il difensore di personaggi del calibro di Giulio Andreotti nel caso Pecorelli, Antonio Fazio per lo scandalo Antonveneta, Gianni De Gennaro per i fatti della Diaz, Nicolò Pollari per il caso Abu Omar. Tra i suoi assistiti, i dirigenti della Thyssenkrupp dopo l’incidente di Torino e Sabrina Misseri per il caso Sara Scazzi, solo per citarne alcuni.

Una carriera costellata di successi che ha portato il Cavaliere a scegliere lui di fronte a questa resa dei conti finale sul processo Mediaset. E nella battuta sibillina pronunciata da Fabrizio Cicchitto, “Silvio doveva assumerlo trent’anni fa”, c’è però l’altro lato della medaglia. Perché per ogni vincitore, c’è sempre anche un perdente. E in questa vicenda, a uscire sconfitto nell’immaginario collettivo è l’avvocato di fiducia del leader del Pdl, Niccolò Ghedini. Così poco conta che un esperto del settore come Giovanni Bianconi del Corriere della Sera abbia sottolineato a La7 come il suo impianto difensivo sia stato sposato in tutto e per tutto dal nuovo arrivato. Per tutti, ora non è più lui al centro della scena. Sempre in prima linea tra i berluscones più barricaderi, il parlamentare veneto è ora scivolato in seconda, adombrato da un Coppi in grande spolvero, che ricorda il campionissimo suo omonimo Fausto.



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