L’insediamento avverrà solo domenica ma il presidente eletto dell’Iran, Hassan Rowhani, è già incappato in un incidente diplomatico. Lui che era stato salutato dai media internazionali come un leader moderato, ha pronunciato parole forti contro Israele che ha poi però ridimensionato.
Secondo la Isna, agenzia di stampa iraniana semiufficiale, Rowhani avrebbe detto: “Il regime sionista è una ferita che si trova nel corpo del mondo musulmano da anni e che deve essere rimossa“. Successivamente, secondo la France Presse da Teheran, l’Isna, come anche la Mehr, hanno corretto il tiro togliendo, senza fornire spiegazioni, la frase per cui la ferita “deve essere rimossa“. A sostegno di questa versione meno violenta, è intervenuta Press tv le cui immagini mostrano Rowhani affermare che “nella nostra regione c’è una ferita da anni nel corpo del mondo musulmano sotto l’ombra dell’ occupazione della terra santa di Palestina e l’amata al-Quds (Gerusalemme in arabo, ndr)”.
La reazione di Israele
L’intransigenza dell’Iran nei confronti di Israele, da sempre considerato il peggior nemico della Repubblica Islamica, sembra non essere cambiato e la reazione di Tel Aviv non si è fatta attendere ed è arrivata prima che Rowhani rettificasse la parte più minacciosa delle sue dichiarazioni. Facendo riferimento alla riapertura dei negoziati di pace con i palestinesi, il neo presidente aveva aggiunto che “col pretesto di un compromesso, Israele continua ad avere una natura aggressiva. Gli israeliani pensano che questa sia una buona occasione per mostrare il volto della pace e per continuare in realtà la loro aggressione“. La replica è arrivata per bocca del premier israeliano Netanyahu. “Il vero volto di Hassan Rowhani è stato svelato prima ancora di quanto si prevedesse“. “In Iran – ha detto – il presidente è cambiato, ma non cambiano gli obiettivi del regime: ossia ottenere armi nucleari per minacciare Israele, il Medio Oriente e il mondo intero“.
La giornata di al-Quds
La nuova polemica fra i due Stati mediorientali è stata innescata a margine della giornata mondiale di al-Quds, organizzata ogni anno dal 1979 in solidarietà con il popolo palestinese e che coincide con l’ultimo venerdì del mese sacro del Ramadan. Milioni di persone sono scese in piazza in Iran contro Israele anche a seguito dell’appello rivolto dal ministero degli esteri di Teheran che ha chiesto a tutti gli iraniani e ai musulmani degli altri Paesi di esprimere pubblicamente la propria contrarietà a Israele. “Il messaggio chiaro della resistenza palestinese e del risveglio islamico in Medioriente è che queste sono le uniche strade per salvare la nazione palestinese contro il regime occupante“, ovvero Israele, si legge nel comunicato ufficiale. Nel testo si sottolinea poi che l’attuale crisi in Medioriente è un seguito delle brutalità commesse dagli israeliani e dell’occupazione dei Territori palestinesi. Durante i cortei in corso in Iran vengono anche intonati slogan contro gli Stati Uniti, oltre che contro Israele.
Il nuovo governo di Rowhani
Le parole di Rowhani sicuramente risentivano dal clima caldo sollevato da quello che forse è stato l’ultimo atto di Mahmoud Ahmadinejad che domani, dopo 8 anni di governo, lascerà la presidenza della Repubblica islamica. La cerimonia di insediamento del nuovo presidente è prevista infatti domenica e da allora si potrà capire meglio quale sarà il nuovo indirizzo del Paese, soprattutto in politica estera e nel rapporto con Israele. Nel frattempo, non mancano sulle anticipazioni relative alla squadra di governo che dovrebbe essere di “grande coalizione“. Il sito d’informazione filo-moderato Tinapress, come segnalato in Italia da Aki-Adn Kronos, ha pubblicato una bozza della lista provvisoria dei 28 membri di governo che saranno presentati da Rowhani al Parlamento al fine di ottenere il voto di fiducia. Tra le personalità di rilievo si notano agli Esteri il veterano diplomatico iraniano Mohammad Javad Zarif, vicino ai moderati e in buone relazioni con una parte delle lobby iraniane a Washington, insieme ad Ali Akbar Nateq Nuri, ex presidente del Parlamento nel ruolo di consigliere principale del presidente. Secondo la lista, il vice di Rowhani sarebbe Eshaq Jahanghiri, uomo vicino all’ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, mentre il ministro dell’Interno, Abdolreza Rahmani Fazli, e quello dell’Intelligence, Seyyed Mahmoud Alawi, fanno parte del fronte conservatore.
Vedremo da domenica quali saranno le scelte del nuovo corso di Rowhani. Quella di oggi di certo non è stata una falsa partenza, dettata – speriamo – solo dalla “trappola” della giornata di al-Quds.