Trovare un modo, per dirla alla Renato Brunetta, affinché “dieci milioni di italiani non siano privati del loro leader”. Dopo la sentenza passata in giudicato per Silvio Berlusconi, è su questo punto che si stanno concentrando tutti gli sforzi dei suoi fedelissimi. Del resto, è stato lo stesso Cav. ieri a gridarlo dal palco di via del Plebiscito: “Io non mollo”.
Tentativi che chiamano in causa Giorgio Napolitano. Esclusa l’ipotesi grazia, impossibile per chi abbia in corso altri processi, si ragiona su quali altre ipotesi potrebbero essere percorse per mettere in salvo politicamente il leader del Pdl. Una di esse è quella dell’amnistia, da inserire in un disegno più vasto di riforma della Giustizia invocato dallo stesso Berlusconi.
Cos’è
L’amnistia è una causa di estinzione del reato e in Italia è prevista dall’art. 79 della Costituzione e normata dall’articolo 151 del codice penale, che recita così:
“L’amnistia estingue il reato e, se vi è stata condanna fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie.
Nel concorso di più reati, l’amnistia si applica ai singoli reati per i quali è concessa.
L’estinzione del reato per effetto dell’amnistia è limitata ai reati commessi a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo che questo stabilisca la data diversa
L’amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi.
L’amnistia non si applica ai recidivi, nei casi previsti dai capoversi dell’articolo 99 Codice Penale, né ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente”.
Come funziona
Se precedentemente era prerogativa del Presidente della Repubblica, dal 1992 l’amnistia viene disposta con Legge dello Stato, votata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera.
Gli ostacoli
E qui sta il maggiore ostacolo all’ipotesi che questa soluzione possa calzare anche per la vicenda Berlusconi. Per far passare l’amnistia, alla Camera servono 421 voti e al Senato 212, per cui risulterebbero fondamentali quelli del Pd che difficilmente voterebbe in modo compatto un tale provvedimento.
Liana Milella su Repubblica spiega poi che “nelle tante amnistie fatte in Italia, ma soprattutto le ultime, non è mai stato raggiunto un tetto così alto di reati, che sarebbe necessario per coprire quelli contestati a Berlusconi, la frode fiscale punibile fino a 6 anni (fa testo la pena in astratto non quella irrogata), la concussione per induzione fino a 8 anni”.
Quale via d’uscita per Berlusconi
Insomma anche questa strada sembra impraticabile. Ma il Pdl non si arrende. E va in pressing al Quirinale, questa mattina l’incontro con i capigruppo Renato Schifani e Renato Brunetta per trovare un possibile salvacondotto per il futuro politico del Cav.
Intanto Brunetta indica in un editoriale sul Giornale la sua road map sulla Giustizia: “La questione giustizia esiste in Italia a prescindere da Berlusconi. Ma l’accanimento ventennale nei suoi confronti è la punta di un iceberg che tutti conoscono. Per questo la sua battaglia ha un significato politico ben più importante del fatto che egli guida un partito sostenuto da milioni di persone. Per questo la questione della giustizia rappresenta la pietra d’inciampo di ogni tentativo di pacificazione nazionale e di ogni rinascita del paese”.
“Il programma iniziale di questa maggioranza – ricostruisce Brunetta – prevedeva una riforma delle istituzioni che rafforzasse il potere politico, per poi procedere con una rinnovata autorevolezza alla riforma della giustizia. Forse è stato un errore separare il percorso delle riforme istituzionali dalla riforma della giustizia. Ma nulla vieta che attraverso un binario parallelo si possa intervenire”.