Skip to main content

Non solo Snowden. Perché Obama dice no grazie a zar Putin

“Presidente, dica no a Putin”. Sembra proprio che Barack Obama abbia letto l’editoriale che stamattina il New York Times ha pubblicato in prima pagina e alla fine ha sciolto le riserve: andrà al G20 che si terrà dal 5 al 7 settembre in Russia, ma non volerà a Mosca per un bilaterale col capo del Cremlino.

In un comunicato ufficiale la Casa Bianca ha detto che il presidente ha deciso di posporre il summit con la controparte russa, dopo aver concluso che non ci sono stati sufficienti passi in avanti sull’“agenda bilaterale”, tanto da far pensare che il summit non possa avere esiti produttivi.

La vicenda Snowden

Tradotto: la vicenda dell’asilo politico garantito a Edward Snowden non può passare inosservata e brucia sulla pelle degli Usa. Washington ha richiesto l’espatrio della talpa che ha diffuso informazioni sensibili per la sicurezza americana e poi ha bivaccato per settimane nella zona transiti dell’aeroporto internazionale di Mosca chiedendo ripetutamente asilo a Paesi non certo noti per il loro tasso democratico, come il Venezuela di Nicolas Maduro. E la decisione finale di Vladimir Putin di accogliere il “traditore” (chissà cosa avrebbe fatto a parti inverse lo zar del Cremlino se fosse ancora stato alla direzione del Kgb) ha il sapore di una netta provocazione, alla quale gli Usa rispondono adeguatamente cancellando il bilaterale tra lui e Obama.

Solitamente – come recitano le norme basilari del diritto internazionale – l’asilo politico viene concesso a coloro che non possono tornare nei loro Paesi d’origine perché rischiano di essere perseguitati, di essere imprigionati illegalmente, di essere torturati e, nei casi più estremi, di essere uccisi. Snowden di certo non rischiava (né rischia) tutto ciò, eppure Putin se lo tiene a casa e – come scrive il quotidiano Isvetija – il governo russo ha deciso anche di aprirgli un fondo per le spese necessarie, in attesa che si trovi un lavoro.

Snowden, insomma, non pagherà per il suo alto tradimento e per la diffusione di notizie sensibili. Cosa che potrebbe spingere altri come lui a fare lo stesso e poi a prendere il primo volo per Mosca. Gli Usa non possono né vogliono tollerarlo.

Una guerra caldissima

Ed è pur vero che, proprio qualche giorno fa, il presidente Obama aveva dichiarato che la guerra fredda con la Russia appartiene a un’epoca ormai passata e che bisogna guardare avanti. Ma qui non siamo in un momento di guerra fredda, bensì di guerra calda, anzi caldissima.

La decisione di cancellare l’incontro rovina la festa di Putin. Per uno come lui è un affronto ricevere un niet proprio quando brilla di luce propria come padrone di casa per il G20. Anche per questa ragione la scelta di Obama è diplomaticamente perfetta.

Il pacchetto di politiche putiniane sgradite

Perché, come ha sottolineato Jay Carney, il capo dell’ufficio Stampa della Casa Bianca, “esiste una mancanza di progressi (nel dialogo Usa-Russia, ndr) che va dai missili al controllo delle armi e alle relazioni commerciali, oltre a includere tematiche riguardanti la sicurezza globale, i diritti umani e civili”.

Come a dire che nel pacchetto delle politiche putiniane sgradite a Washington non pesa solo l’affaire Snowden, ma anche l’atteggiamento sulla crisi siriana (Putin è con il raìs di Damasco, Bashar al Assad, senza se e senza ma), e le recenti leggi repressive nei confronti della comunità gay russa, che hanno innescato proprio negli Usa una serie di manifestazioni per boicottare le Olimpiadi invernali di Sochi che si terranno il prossimo anno.

E poi, siamo così convinti che il Paese che ancora deve fare luce sul caso Magnitsky e ha imprigionato per frode fiscale Mikhail Khodorkowsky (l’ex oligarca che ha osato sfidare il potere politico di Putin), alleviandogli la pena di due mesi dopo avergliela inspiegabilmente protratta per altri 7 anni oltre alla condanna iniziale, possa dare lezioni di democrazia e tutela dei diritti umani accollandosi la talpa Snowden?

Festa rovinata per zar Putin?

Venerdì il Segretario di Stato John Kerry e il ministro della Difesa Chuck Hagel incontreranno le loro controparti russe. È molto probabile che gli emissari di Putin offriranno valide ragioni per convincere il presidente Usa a tornare sui suoi passi e a incontrare il capo del Cremlino. Gli americani ascolteranno, ma intanto il dado è tratto ed è molto difficile che Obama cambi idea e voli da San Pietroburgo a Mosca. Per una volta, almeno, qualcuno rovinerà la festa allo Zar, visto che solitamente chi ci prova rischia come minimo la galera. E senza passare dal via.


×

Iscriviti alla newsletter