Grazie all’autorizzazione dell’autore, pubblichiamo l’articolo di Marco Respinti apparso sul quotidiano “l’intraprendente” diretto da Giovanni Sallusti.
Partiamo coi piedi di piombo. Prima di provare anche solo a immaginare di giudicare l’operato di un principe della Chiesa occorre, io per primo, fare tre volte la riverenza e poi cercare di cambiare idea. Prima di criticare le scelte anche pastorali (che certamente non sono comunque vincolanti come le posizioni dottrinali) di un ministro di Cristo bisogna fare lo stesso. Figuriamoci fare le pulci a un Papa.
Limitiamoci dunque a registrare il fatto. Papa Francesco ha firmato di pugno un messaggio ai musulmani in occasione della fine del Ramadan, che cadeva l’altro giorno, e l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, ha fatto lo stesso. Sono messaggi di distensione, di dialogo, di apertura. Bene. Esercitiamoci un poco ora con l’immaginazione: nessuno ci darà dei temerari se già ci figuriamo celebrazioni ecumeniche dove la gente si tiene per mano cantando, campetti di calcio in viale Padova a Milano dove don Taldeitali in jeans e maglietta sorride comunque, oratori nelle adiacenze di viale Jenner dove la menano e la rimenano. È la differenza abissale che corre fra la sollecitudine pastorale di un Magistero solido e ciò che s’impara a fare nei seminari del dì d’incoeu.
La differenza sta nel fatto che Papa Francesco, di pugno, dopo aver accarezzato e coccolato i musulmani, col suo messaggio fa appello forte e chiaro alla reciprocità. Traduzione: nei nostri Paesi noi cristiani ci battiamo per il diritto alla libertà religiosa anche di voi musulmani e allora perché nei vostri Paesi a maggioranza o a regime islamico noi cristiani siamo massacrati, torturati, perseguitati, ci viene impedito di pregare, di agire, persino di esistere?
Ripassino. L’islam si espande per via militare di conquista in conquista sin da quando è nato. Stermina i diversi da sé chiamandoli “infedeli“, e la sua unica tolleranza è l’imposizione del silenzio totale al prezzo di tasse carissime imposte alla “seconda scelta” dei popoli vinti dopo che la “prima scelta” è stata passata per le armi. La sua fede è la sottomissione assoluta e la sua teologia una lingua straniera strutturalmente incapace di comprendere la logica filosofica occidentale considerata paganesimo immorale. Per l’islam le donne non hanno dignità, Dio parla e può parlare solo arabo, e studiare significa mandare a memoria per ripetere meccanicamente versetti incomprensibili del Corano. Nell’islam non esiste un’autorità docente unica e centrale che garantisca la dottrina ed è per questo che se non tutto l’islam è islamismo nessuno può dire che l’islamismo non sia islam perfettamente ortodosso. Né che un terrorista jihadista, salafita, wahhabita o sciita non sia un buon musulmano.
A che pro, dunque, giocare un’amichevole quando la squadra avversaria canta “Dovete mo-ri-re!…”?
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