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L’Italia che mi piace, quella della solidarietà e dell’accoglienza

Sono tanti i post che ho dedicato al tema dei diritti umani e più in generale alla questione della “solidarietà”. Non è mai abbastanza scrivere di diritti, perché le conquiste che vantiamo possono sempre esserci strappate via, possono impoverirsi, essere dimenticate o perdersi.

Con la scelta di una ministra nera di pella, Cecile Kyenge, l’Italia si è trovata nuda, esposta a se stessa, alle sue arretratezze e degenerazioni, ai suoi pregiudizi. Abbiamo letto e ascoltato dichiarazioni, accuse, offese di ogni sorta da parte di presunti “italiani veri”, che con la loro “genuinità” hanno invece offeso e macchiato l’Italia e gli italiani. Indegni di essere considerati cittadini italiani perché incapaci di riconoscere i valori che hanno da sempre caratterizzato questo Paese, come luogo dell’accoglienza e della fratellanza. Questo vale (dovrebbe valere) soprattutto per chi si professa fervente cristiano, cosa che purtroppo, invece, non accade così frequentemente.

L’Italia è stata attraversata da ogni sorta di travaglio: guerre intestine, saccheggi, conquiste da parte di Stati europei e non. Abbiamo una storia millenaria e mi piace ricordare sempre, quando parlo di accoglienza, di solidarietà e di dignità della persona umana, le parole di Hannah Arendt, contenute nel suo “La banalità del Male che consiglio ai vari Calderoli e Borghezio, magari si fanno una “cultura” e riescono a vedere le cose da un altro punto di vista.

Arendt, descrivendo la situazione in Europa dopo l’emanazione delle leggi razziali a danno degli ebrei (ma non solo, anche degli omosessuali, dei rom, delle persone diversamente abili), evidenziò come in Italia queste direttive non furono quasi mai applicate. Malgrado l’accettazione da parte di Mussolini delle imposizioni di Hitler, gli italiani non cedettero mai fino in fondo a questa opzione politica, nemmeno i militari. Questo accadeva in modo pubblico, con vere e proprie “farse”, come dice la Arendt, tanto che i gerarchi nazisti si sentivano spesso presi in giro, sbeffeggiati, ma impotenti, poiché dal regime fascista italiano, dipendevano le alleanze con altri regimi satellite. Spesso tali raggiri erano fatti in modo camuffato, raramente, infatti, gli italiani arrivavano ad uno scontro frontale. Accadde solo una volta, dice Arendt, quando il generale Roatta (che pure non era uomo santo) si rifiutò di consegnare gli ebrei presenti nella zona della Jugoslavia occupata dagli italiani. Il generale rispose che era impossibile consegnare gli ebrei ai tedeschi, poiché questo era “incompatibile con l’onore dell’esercito italiano“.

Così, Arendt afferma che, mentre nel caso della Danimarca, l’opposizione generale ai nazisti, con il rifiuto di applicare le leggi razziali, era dettata da una volontà di affermare la propria indipendenza e di una profonda sensibilità politica, per l’italia esso era il “prodotto della generale, spontanea umanità di un popolo di antica civiltà”.

Così, quando penso ad ogni gesto di odio e di violenza, fisica o verbale che sia, basato sul pretesto della diversità genetico-biologica, tra donne/uomini, tra eterosessuali/omosessuali, tra bianchi/neri, mi concentro su questa affermazione della filosofa Arendt, che può sembrare banale ma non lo è. Solo per l’Italia ha usato questa espressione.

L’Italia è una civiltà antica e capace di una generale e profonda umanità: riconosciamo agli altri una dignità che prescinde dalle sue idee o dal colore della sua pelle. Così, ogni intervento da parte di razzisti e xenofobi, o neo nazisti, mi disgusta. Perché è un’offesa alla nostra civiltà e alla nostra storia.

Fortunatamente, il bene è sempre diffuso e per quanto piccole chiazze di male facciano molto rumore, non otterranno mai la piena attenzione dell’umanità. Ci sono gesti, azioni, momenti che sembrano poco importanti, passati in sordina dai media perché fanno poco clamore, e quindi io li condivido e li esalto, per la loro importanza vitale.

Oggi, a Siracusa, una nave con 160 migranti, tra cui donne in stato interessante e oltre cinquanta bambini, in condizioni precarie, ha fatto capolino, interrompendo un momento tradizionale di riposo e vacanza sulla spiaggia. Ebbene, un bagnante ha avvisato la Guardia Costiera e nel frattempo arrivati a poche decine di metri dalla riva, alcuni migranti si sono buttati in mare per arrivare a nuoto sulla spiaggia, ad accorrere in aiuto di questi “stranieri” sono andati i bagnanti, cittadini e cittadine comuni, che non hanno aspettato di vedere quelle persone affogare e si sono precipitati insieme ad aiutarli.

Hanno formato una catena umana, hanno cooperato, si sono uniti per uno scopo umanitario: salvare delle vite, vite di persone disperate che arrivano chiedendo aiuto. Questa è l’Italia che ci piace, che riscopre il senso profondo della propria civiltà, il senso profondo della solidarietà e che omaggia la vita riconoscendo nell’altro un “fratello”, per usare un concetto religioso molto caro ai cristiani, e dunque lo aiuta.

Di seguito il video:

>> I bagnanti aiutano gli immigrati in mare <<

Quanto accaduto sulle spiagge di Siracusa è la risposta perfetta ad ogni razzismo, ad ogni retorica dell’odio e dell’ignoranza, ad ogni provincialismo e processo di chiusura mentale. Questa testimonianza ci fa sperare che l’Italia possa risorgere dalle proprie ceneri.


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