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La Francia ha fretta di dichiarare guerra alla Siria di Assad

L’attivismo francese nel quadrante che va dal Mediterraneo al Medio Oriente non si placa. L’interventismo del socialista François Hollande, già visto con chiarezza in Mali, sembra superare se non surclassare quello del predecessore gollista Nicolas Sarkozy che fu determinante nel rovesciamento del regime di Muhammar Gheddafi in Libia. Ora, il nuovo obiettivo bellico dei galli è la Siria.

La notizia di un attacco dell’esercito lealista di Bashar al-Assad contro le popolazioni civili con uso di gas nervino non è stata ancora confermata né nel merito né rispetto agli eventuali effettivi autori. Su questo in particolare la cautela è massima. Entrambi gli schieramenti che si stanno scontrando da tanto, troppo, tempo in Siria dispongono di questi terribili ed infami strumenti di morte.

Inoltre, dal punto di vista squisitamente logico, Assad non avrebbe alcun interesse a superare quella che il presidente Usa Barack Hussein Obama ha tracciato quale “red line” oltre la quale prevede un intervento militare (contro lo stesso Assad). Insomma, la comunità internazionale nel condannare quanto sta avvenendo a Damasco (la cifra di centomila morti fa accapponare la pelle) vuole evitare di cascare nelle trappole delle diverse propagande mediatiche in azione.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto l’apertura di un’indagine urgente per verificare quello che è effettivamente accaduto partendo dalla denuncia dell’opposizione al regime siriano che ha confermato l’atroce bilancio di 1.300 civili morti nell’area a est di Damasco, uccisi dalle bombe chimiche utilizzate ieri dall’aeronautica siriana. “C’è una forte preoccupazione tra i membri del Consiglio di sicurezza e tutti sono d’accordo sulla necessità di seguire da vicino la situazione”, ha dichiarato l’ambasciatore argentino presso le Nazioni Unite, Maria Cristina Perceval, a conclusione del vertice di emergenza convocato ieri al Palazzo di Vetro e durato due ore. “Noi accogliamo con favore – ha aggiunto – la richiesta del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon di svolgere un’inchiesta imparziale e repentina”.

Il ministro degli Esteri di Teheran, Ali Akbar Salehi, ha invece difeso il governo di Damasco, escludendo con forza che il regime possa aver usato gas nervino su Ghouta.
Insomma, le Nazioni Unite monitorano la situazione e la probabilità maggiore è che venga esteso il mandato agli ispettori Onu che proprio ieri erano giunti in Siria affinché possano investigare su questi nuovi presunti fatti.

Tutto questo però sembrerebbe non bastare a Parigi. Se l’attacco con armi chimiche sui civili in Siria fosse confermato, la comunità internazionale “deve rispondere con la forza” ha avvertito il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, il quale ha però precisato, non aggiungendo chiarezza, che “non si tratta di inviare truppe sul terreno”. “Se il Consiglio di sicurezza dell’Onu non è in grado di prendere decisioni, bisogna rispondere in un altro modo”, ha aggiunto.
“Non si deve permettere l’impunità totale di Bashar al-Assad”, ha ammonito Fabius. “Se il regime non ha niente da rimproverarsi è evidente che dovrebbe consentire agli ispettori Onu” al momento nel Paese di “accertare cosa è successo. In caso contrario, significa che è colpevole”. “Non voglio dire di inviare truppe sul campo, ma bisogna reagire, dare una risposta di forza”, ha ribadito il numero uno della diplomazia francese.

Fra tutte le reazioni alle atroci notizie che provengono da Damasco non c’è dubbio che la reazione dell’Eliseo è quella più vibrante ed anche minacciosa. D’altronde l’ipotesi della creazione di una eventuale “no fly zone” era stata già prospettata dal numero uno delle forze armate Usa, il generale Martin Dempsey, che pure aveva avvertito che un intervento militare in Siria sarebbe stato contro l’interesse americano. L’interesse francese farà la differenza? Il precedente libico, per la verità, non gioca troppo a favore di Parigi.



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