Questo commento è stato pubblicato su L’Arena di Verona, il Giornale di Vicenza e Brescia Oggi.
Si potrebbe parafrasare il titolo di un libro, da cui hanno tratto anche un bel film, e chiamarlo, dunque, “lo strano caso di Silvio Berlusconi”. Un caso senza precedenti, dove perciò vale tutto e il contrario di tutto. E se perfino i costituzionalisti si dividono nelle interpretazioni, allora la questione dev’essere piuttosto seria.
Così seria, che i due più importanti rappresentanti del governo in nome e per conto, rispettivamente, del Pd e del Pdl, cioè Enrico Letta e il suo vice Angelino Alfano, si sono incontrati faccia a faccia per trovare l’accordo nel disaccordo. Le persone giuste al momento giusto essendo, quei due, i più democristiani della maggioranza, ed entrambi propugnatori di una “responsabilità” che rischia di venir meno col passare dei giorni e l’incombenza di una crisi che per la prima volta intravede la luce in fondo al tunnel.
Mandare l’esecutivo a carte quarantotto proprio ora? Sarebbe una follia, visto da destra, da sinistra, da chiunque.
Ma come risolvere l’enigma è difficile, perché in ballo ci sono due principi invalicabili: legalità e sovranità.
Sul primo l’ultima e definitiva parola l’ha pronunciata la Cassazione, condannando per frode fiscale l’imprenditore Berlusconi. Ma l’imprenditore è nel frattempo diventato, e da vent’anni, il leader riconosciuto e votato del centro-destra. Con l’aggiunta che tale partito oggi è una colonna portante del governo. E quindi esige, il partito, una “agibilità politica” per il suo leader indiscusso, ma condannato. In pratica, che il Cavaliere non venga dichiarato decaduto come senatore da una legge, l’ormai celeberrima Severino, che proprio questo prevede. E siccome l’atto implica il voto del Senato, è complicato immaginare che il Pdl possa restare nel governo, se l’alleato Pd contribuirà a mandare a casa il capo altrui.
Nella contesa si pensa o si spera di far entrare il Quirinale, anche se nessuno ha ancora capito come. Grazia, commutazione della pena, scossone del presidente alla traballante maggioranza? Ognuno, anche qui, dice la sua. Ma di recente l’ha detta, anzi, scritta pure Giorgio Napolitano, che non intende prestarsi a pasticci. Pur avendo a gran cuore la governabilità del Paese, e pur avendo definito “leader incontrastato” Berlusconi. Ma tutto nel rispetto rigoroso della legge, ha ricordato.
Come uscirne non lo sanno bene nemmeno loro, i Letta e gli Alfano all’ultima e ancora infruttuosa trattativa. Ma sanno che devono uscirne nell’interesse della stabilità e dei due valori rivendicati: legalità e sovranità. Il Pd preme sul primo con la stessa intensità con cui il Pdl preme sul secondo. Intanto è partito il conto alla rovescia del voto al Senato sullo strano caso di Silvio Berlusconi.