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L’Ue si riprende con i soldi degli Emergenti

Bruxelles incassa i primi dati positivi degli ultimi anni. E se Pil e produzione tornano sopra lo zero, l’eurozona non può che ringraziare Berlino, che spinge all’insù medie fino ad oggi deludenti. Nessun merito del Vecchio Continente però. Con una domanda interna ancora intorpidita, le sue industrie guardano ai vivaci mercati emergenti, che si sono finora affidati alla dinamicità delle loro banche centrali. Ma essere generosi costa e, tirata la linea, le casse dei Paesi in via di sviluppo si trovano ora oltre 80 miliardi di riserve valutarie in meno solo negli ultimi tre mesi.

L’indice Pmi europeo in salita

L’indice Pmi flash dell’eurozona sale più delle attese ad agosto, trainato dalla Germania. L’indice, calcolato da Markit, avanza a 51,7 punti dai 50,5 di luglio e contro gli attesi 50,9 punti. Sopra quota 50 l’indice registra un’espansione economica e sotto quella soglia una contrazione. L’indice pmi manifatturiero dell’Eurozona sale da 50,3 a 51,3 punti, il top dal gennaio 2011 e sopra gli atteso 50,8 punti, mentre l’indice pmi servizi avanza da 49,8 a 50 punti, sotto gli attesi 50,2 punti.

Il boom tedesco

In Germania l’indice vola da 52,1 a 53,4 punti, il massimo dal gennaio scorso. L’indice manifatturiero avanza da 50,7 a 52 punti e quello servizi da 51,3 a 52,4, oltre gli attesi 51,8 punti. In Francia, la seconda economia europea, l’indice pmi scende invece da 49,1 a 47,9 punti, con quello manifatturiero che resta invariato a 49,7 punti e quello servizi che arretra da 48,6 a 47.7 punti.

Una Francia deludente

“Ci sono tutte le premesse perché il terzo trimestre sia il migliore quanto a crescita delle imprese dalla primavera del 2011”, ha spiegato Chris Williamson, capo economista di Markit. “il quadro che emerge è in linea con le attese della classe politica, una ripresa modesta e fragile”. E la vulnerabilità della situazione economica è evidenziata dai dati francesi che vedono crollare ad un tasso sempre maggiore la produzione del settore privato. L’indice composto è passato da 49,1 di luglio a 47,9 di agosto, anche se Parigi può consolarsi con la leggera ripresa del manifatturiero.

Le reazioni di Fed e Bce

Se da un lato i mercati sperano che la Fed americana cominci la sua stretta monetaria più tardi possibile, i dati di oggi potrebbero allentare le pressioni su un nuovo taglio dei tassi della Bce, che li renderebbe negativi. Ma Draghi potrebbe anche evitare quella versione più esplicita della “forward guidance” basata su un impegno palese a non aumentare i tassi finché la bestia nera dell’inflazione fosse rimasta sotto controllo. Ma con tassi di disoccupazione ancora a livelli record e ritmi produttivi ancora lontani dai livelli pre-crisi, la ripresa dell’eurozona dipende in gran parte dall’export, ed è per questo che le tensioni finanziarie degli Emergenti preoccupano sempre più.

L’ottimismo che viene dalla Cina

Ma a dissipare le nuvole per l’eurozona sono i dati manifatturieri cinesi, calcolato da Hsbc, sale ad agosto a 50,1 punti dai 47,7 punti di luglio. Si tratta del livello più alto da 4 mesi a questa parte. Anche l’indice sui nuovi ordini sale al top da 4 mesi a 50,5 punti. “Le esportazioni verso la Cina fanno impallidire quelle verso gli altri Paesi”, ha sottolineato al Financial Times Christian Schulz, economista di Berenberg. “La Cina ha ricevuto oltre il 6% dell’export tedesco nel 2012, sei volte di più dell’India e venti più dell’Indonesia”.

La “bolletta” degli Emergenti

Ma quanto costa agli Emergenti alimentare la loro crescita, restando quindi un punto di riferimento fondamentale per le industrie occidentali? Le banche centrali dei Paesi in via di Sviluppo, sottolinea il Financial Times, hanno perso 81 miliardi di dollari di riserve valutarie attraverso deflussi di capitali e interventi nel mercato aperto dall’inizio di maggio. Il dato, che esclude la Cina, equivale al 2% circa delle riserve complessive nelle casse delle banche centrali secondo gli analisti di Morgan Stanley.

La black list

Alcuni Paesi hanno sofferto crolli più pesanti, come l’Indonesia, che ha perso il 13,6% delle sue riserve tra la fine di aprile e l’inizio di luglio, la Turchia il 12,7% e l’Ucraina circa il 10%.
Questi tesoretti servono come cuscinetti d’emergenza, e sono molto più sostanziosi di quanto si sia potuto riscontrare in passato. Ma il ritmo delle perdite sta impaurendo analisti ed investitori, e Citi ha rivisto al ribasso le sue stime di crescita degli Emergenti nel 2014, scendendo al 4,6% dal 5%.

Chi sta invece accumulando risorse

Ma ci sono Stati che stanno invece accumulando riserve straniere. Lituania, Polonia, Israele, Lettonia, Colombia hanno segnato una crescita minima dell’1% tra maggio e luglio. E, sempre secondo Morgan Stanley, Russia e Brasile hanno ancora grandi quantità di valuta straniera nei loro forzieri, nonostante il sostegno alla loro valuta.

La crescita degli Emergenti continua a far impallidire un’Europa zoppa, e destinata ad esserlo ancora a lungo. Ma il paragone sembra meno amaro se si considerano i capitali che rimpatriano in vista di un nuovo aumento degli interessi sui titoli americani ed europei e di una nuova crescita dei loro mercati azionari. Casa dolce casa, mai più vero.



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