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La Siria non è l’Iraq, meglio stare alla larga da Damasco

Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Carlo Panella pubblicato sul quotidiano Libero.

La guerra di Obama contro Assad è sbagliata, quanto lo era quella contro Gheddafi, mentre era giusta quella di George W. Bush contro Saddam Hussein. A prima vista, l’affermazione pare azzardata, illogica, ma invece è vera, e non solo perché Obama non scende affatto in guerra contro il regime di Damasco, ma si limiterà – come indicano tutte le fonti – a un blitz di pochi giorni con i missili Cruise. Poi basta.

Una sorta di “bellum interruptum” che la dice lunga sulla ignavia di un presidente ormai in lizza per la qualifica di peggiore, in politica estera, da un secolo in qua. Troppo poco, troppo tardi e senza alcuna strategia, solo tattica, buona per i media: sono queste le caratteristiche dell’imminente avventuretta siriana che rischia di essere più dannosa che altro, anche per i ribelli siriani. Per non parlare del rischio di contrattaccolpi su Israele.

Pure, in Siria, si presentavano 20 mesi fa delle caratteristiche uniche, che avrebbero permesso all’Occidente, senza alcun intervento militare esterno, di favorire in maniera determinante l’abbattimento rapido del regime assassino. Già nell’autunno del 2011 decine di migliaia di disertori dell’esercito siriano combattevano infatti nelle città insorte contro le truppe di Assad, ma erano disperatamente a corto di armi. Sarebbe bastato che Usa e Europa fornissero ai disertori – di elevata capacità professionale – un centinaio di autoblindo, di missili Rpg, carri armati e munizioni e le battaglie di Homs, Aleppo, Deraa e Damasco sarebbero state facilmente vinte da loro.

Nulla di tutto ciò ha fatto un Obama che per due anni ha deciso di vincolare ogni intervento all’impossibile consenso di Russia e Cina in sede Onu (che ora, all’improvviso, senza ragione logica, spregia). Questa ignavia di Obama – e dell’Europa – ha lasciato sul campo un enorme vuoto che è stato poi riempito dall’afflusso dall’esterno di migliaia di terroristi islamici di al Nusra e al Qaida (totalmente assenti sino allora), che hanno sostituito l’impiego dei blindati e dei tanks con l’impiego dei kamikaze (che dal punto di vista militare ha effetti simili) radicandosi ovunque e ottenendo anche consenso tra la popolazione dei quartieri che così difendevano.

Nel frattempo, Assad ha avuto agio di fare entrare in Siria 5-6-000 pasdaran iraniani e miliziani di Hezbollah che hanno ribaltato a suo favore i combattimenti. La crisi siriana si è così incancrenita, tanto che ovunque, i ribelli, i disertori e i curdi in rivolta si scontrano con i terroristi di al Nusra, in un caos incontrollabile.

È la ripetizione, in peggio, della sciagurata guerra in Libia, in cui la mancanza di una strategia e di una visione da parte di Obama (e dell’Europa), ha sì eliminato Gheddafi, ma al prezzo di una destabilizzazione totale, scatenando grandi forze terroristiche che hanno contagiato il Sahel e il Maghreb. La Libia oggi è in mano a incontrollabili “Signori della Guerra”, in un caos ingestibile.

All’opposto, nel 2003, George W. Bush invase l’Iraq all’interno di una strategia lungimirante, che ha dato frutti, checché se ne dica. “Esportare il modello della democrazia turca in Medio Oriente” era il suo nucleo, enunciato da Paul Wolfowitz. Nonostante molti errori, la caduta del regime di Saddam Hussein ha così innescato un processo virtuoso, che solo chi è in mala fede può negare. In Iraq si è avviato un pur difficile processo di democrazia reale (il Kurdistan iracheno è la regione più libera del Medio Oriente islamico), in cui si è incistato il terrorismo solo a causa della troppo precipitosa ritirata totale delle truppe Usa voluta da Obama nel 2009 (il Surge di Bush e del generale David Petraeus del 2007, contro cui Obama aveva votato in Senato, lo aveva invece debellato).

Gli storici di domani dovranno constatare che caduta di Saddam Hussein ha distrutto l’equilibrio del terrore dei regimi arabi determinato dalla Guerra Fredda, ha innescato l’Onda Verde iraniana che a sua volta ha innescato le primavere arabe, di cui si può pensare quel che si vuole, ma che sono un primo passo verso la democrazia, le cui storture sono unicamente dovute al contesto islamico in cui obbligatoriamente crescono. Quanto a Obama, gli storici dovranno essere impietosi.


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