Skip to main content

Siria, le conseguenze di una mancata politica europea

L’azione militare in Siria è sospesa. Dopo David Cameron, che ha chiesto e non ottenuto dal Parlamento l’approvazione per intervenire, sarà Barack Obama ad ascoltare il parere del Congresso. A loro si è unito anche François Hollande, costretto a chiedere il consenso dei deputati francesi per non rimanere isolato.

In Francia l’opposizione non è rimasta in silenzio davanti alla decisione del capo dello Stato e ha chiesto ad Hollande di permettere all’Assemblea di votare mercoledì sull’azione in Siria. Il presidente francese  è stato invitato la settimana scorsa ad un “dibattito straordinario informativo” sulla vicenda.

La mancata politica comune europea
Certo è che la situazione siriana riapre diverse ferite in Europa. Catherine Ashton, capo della diplomazia europea, aveva insistito fosse necessario aspettare le prove dell’attacco chimico da parte degli ispettori dell’Onu in Siria. “Il Consiglio di sicurezza è importante per vedere come reagirà la comunità internazionale. Ma questo non esclude un’analisi accurata di cosa potremmo fare”, aveva aggiunto. Le dichiarazioni erano un tentativo di definire una linea politica comune per l’Europa, ma senza escludere le opinioni di ogni Stato.

Gli Stati europei sono d’accordo che l’attacco con armi chimiche non possa restare impunito. I Paesi sono sicuri che il regime di Assad abbia usato gas nervino lo scorso 21 agosto. Ma potrebbero non mettersi d’accordo sulle modalità di risposta.

La scelta della Francia
Ban Ki-moon si è pronunciato la settimana scorsa a favore di una risoluzione diplomatica del conflitto. David Cameron è bloccato dopo il “no” del Parlamento britannico, la Germania e l’Italia mantengono una linea moderata, mentre la Francia vuole agire subito insieme agli Stati Uniti ma dovrà misurarsi con l’Assemblea.

“Hollande dovrebbe capire che se la Francia agisce da sola, in futuro l’Europa sarà davvero governata dalla Germania”, ha scritto su Twitter lo storico Ennio Di Nolfo, professore emerito di Storia delle relazioni internazionali all’Università degli Studi di Firenze. Secondo gli ultimi sondaggi, due terzi dei francesi è contro un intervento in Siria.

Il costo di non prendere rischi
Mentre ogni Paese prende la sua posizione e si fatica a trovare una linea comune, Bruxelles – attraverso la voce di Ashton – insiste sulle catastrofiche conseguenze dell’aggravarsi della situazione in Medio Oriente. Ora che l’economia europea comincia a dare timidi segnali di ripresa, i venti di guerra in Siria potrebbero far aumentare il prezzo del petrolio, facendo sprofondare di nuovo l’Europa nella recessione.


×

Iscriviti alla newsletter