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La sinfonia scontata del G20 sull’evasione e il mea culpa dei Paesi Bassi

Il risultato del G20 di San Pietroburgo nella lotta all’evasione? Una sottoscrizione di piani, espressione che dovrebbe segnare la differenza con una dichiarazione d’intenti. Oltre allo scambio d’informazioni, in Russia ci si è impegnati ad un’armonizzazione delle regole fiscali a livello mondiale. A causare problemi sono lacune anche impercettibili, ma quanto basta per farvi assestare alla meno peggio le grandi multinazionali. E sulla retta via sembra essere tornata anche l’Olanda che chiede ammenda per il regime fiscale attraente che ha sfoggiato finora e si dice pronta a collaborare. Quando ci si muoverà a livello internazionale, naturalmente.

Il comunicato del G20

“L’evasione e l’elusione fiscale ‘cross-border’ minacciano la fiducia dei cittadini nella correttezza del nostro sistema. Oggi sottoscriviamo piani per affrontare questi problemi e ci impegniamo a compiere passi per cambiare le nostre regole per affrontare l’elusione, le pratiche dannose e i piani fiscali aggressivi”, si legge nel comunicato finale.

Il commento di Merkel

“Abbiamo notato in che modo i mercati finanziari eludono il nostro controllo, ma ora possiamo dire di aver raggiunto un progresso per quel riguarda l’evasione fiscale, soprattutto delle multinazionali”, ha detto invece la Cancelliera tedesca Angela Merkel, aggiungendo che “ci sono aziende che in nessun Paese al mondo pagano le tasse. Ogni piazza finanziaria deve essere regolamentata da regole internazionali”, ha aggiunto.

L’iniziativa Ocse

Quello che bisogna evitare, secondo il G20, sono gli accordi che consentono alle aziende di spostare artificialmente i profitti lontano dai paesi in cui sono generati. E, in parallelo, l’Ocse sta “valutando lo sviluppo di un nuovo strumento multilaterale per modificare l’attuale rete di oltre 4000 accordi fiscali bilaterali, in modo da non doverli rinegoziare uno per uno”.

La proposta olandese contro le letterbox companies

Ma a San Pietroburgo si è assistito anche al cambio di rotta di Amsterdam. La proposta olandese di rinegoziare i suoi trattati fiscali con 23 Paesi in via di sviluppo segna un punto di svolta per uno Stato che fino ad oggi ha ignorato le accuse di essere al centro del sistema di evasione fiscale delle multinazionali. L’iniziativa è la mossa più concreta dell’Olanda per replicare alle critiche che la colpiscono da più lati. Secondo gli esperti la rete dei trattati del Paese con oltre 90 Stati rende i Paesi Bassi un fulcro dell’evasione, permettendo alle multinazionali di deviare i loro profitti attraverso le “letterbox companies” che non operano in Olanda e che esistono solo per questioni fiscali. Basta la buca delle lettere, come spiega l’espressione inglese, per pagare meno tasse e godere di una tutela legale inimmaginabile in gran parte degli Emergenti.

“Negli ultimi dieci anni – ha detto al Financial Times il vice ministro delle Finanze Frans Weekers – il numero delle letterbox companies in Olanda è cresciuto. Bisogna interrompere questo trend, e voglio che i Paesi Bassi non siano in cattiva luce”.

I meccanismi di evasione delle multinazionali e gli accordi tra Stati

Il nodo centrale della questione sono le tasse che non vengono incassate dai Paesi in via di sviluppo a causa dei trattati con l’Olanda. Come gli altri centri finanziari offshore, che incanalano gli Fdi in arrivo negli Emergenti, Amsterdam stipula infatti accordi con le nazioni ospitanti di protezione e promozione degli investimenti stranieri, che minimizzino il rischio di nazionalizzazioni costringendo a compensazioni e a procedure di arbitrato e sovrapposizioni fiscali internazionali, così da ridurre la pressione sulle imprese. D’altro canto, grazie a questi accordi che evitano la duplicazione fiscale, le società pagano le tasse nel Paese dove hanno sede legale, solitamente in un paradiso fiscale come il Lussemburgo, piuttosto che nello Stato dove sono basate le operazioni. Secondo il think-tank olandese Dutch Centre for Research on Multinational Corporations, nel 2013 l’uso del sistema fiscale olandese da parte delle multinazionali operanti negli Stati africani è costato 771 milioni di euro di tasse in meno a 28 Paesi in via di sviluppo.

Un’azione internazionale?

“Le società spesso approfittano delle differenze tra sistemi fiscali”, ha proseguito Weekers, elencando una serie di trucchetti fiscali come i prestiti ibridi. “Non credo che ciò dovrebbe essere ammesso, ma questa situazione può essere gestita solo a livello internazionale”. Un escamotage per aspettare un intervento europeo, che non arriverà mai, come precondizione per ogni iniziativa di Amsterdam?

L’agenda del prossimo Ecofin

Jeroen Dijsselbloem, il ministro delle Finanze olandese nonché presidente dell’eurogruppo, ha sottolineato l’intenzione olandese di metter fine a una situazione in cui “le società riescono a non pagare tasse in nessun Paese”. Il tema, ha concluso, sarà all’ordine del giorno dell’Ecofin del 14 settembre.


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