La disdetta del contratto telefonico può toccare costi elevati a causa dei costi di chiusura, spesso poco trasparenti al momento della stipula.
Risparmiare in ambito telefonico e delle connessioni web è diventata un’impresa a portata di tutti. Il mercato ha sdoganato un numero elevatissimo di offerte, la concorrenza è ampia e i mezzi tecnologici i più disparati, dall’ADSL alla chiavetta fino alle reti wireless. In più, internet permette di porre le tariffe Telecom a confronto con quelle di Fastweb, Alice ecc., individuando in pochi secondi le promozioni migliori e scartando le più care. Per risparmiare in fatto di telefonia, però, è anche necessario non commettere errori relativi alla gestione del contratto e della solita, noiosa, odiata burocrazia.
È proprio vero che c’è sempre qualcosa che lega le persone alla casa: la disdetta del contratto telefonico. Il decreto liberalizzazioni prevede la chiusura senza oneri dei contratti con tutti gli operatori telefonici sul mercato, da Tiscali fino al gestore Telecom. Nel testo, però, una clausola decisiva permette di addebitare all’utente il pagamento di costi “giustificati” per la chiusura dell’utenza, spese che sono tenute sotto controllo dall’Agcom.
Secondo una recente inchiesta del Corriere della Sera, questi costi rappresentano dei veri e propri cordoni ombelicali che rendono la rescissione del contratto una vera impresa. Telecom e Vodafone chiedono 40 euro per disattivare internet e telefono fisso. Sottoscrivendo le offerte Tiscali o Fastweb spesso vengono addebitate – stando ai rilievi del Corsera – somme anche maggiori.
L’analisi del quotidiano non si è fermata alla sola telefonia fissa. Anche per i cellulari, infatti, è facile incorre in situazioni simili: Vodafone, ad esempio, richiede penali in caso di disdetta prima del passaggio di 12 mesi; con Tim, invece, la chiusura del contratto è gratuita.
Non si tratta di un semplice punto controverso nella normativa. L’Agcom giustifica queste spese con la diversità delle tecnologie utilizzate e i costi delle commissioni necessarie alla chiusura effettiva del servizio. Della vicenda si sta occupando anche il Codacons, secondo cui la presenza di disparità sul mercato è normale, ma le compagnie telefoniche starebbero sfruttando la situazione per il proprio tornaconto.