E meno male che erano amici. È questo il primo pensiero che viene in mente ascoltando tutte le frecciate che Matteo Renzi ha tirato dal salotto di Bruno Vespa all’amico Enrico Letta. Certo, il premier è in buona compagnia.
Il sindaco tornato rottamatore per una sera ne ha per tutti. Per Silvio Berlusconi “game over”, per Pierluigi Bersani che è riuscito a dimezzare il numero degli iscritti, per Guglielmo Epifani “doroteo”.
Ma sono soprattutto le accuse che il candidato numero uno alla segreteria del Pd riserva al presidente del Consiglio a stupire. La prima ha fatto sobbalzare sulla sedia anche Letta che, raccontano le indiscrezioni, era molto dispiaciuto. “Letta si preoccupa della seggiola, ci mancherebbe, lo capisco. Ma deve pensare anche al bene del Paese”. Boom.
Ha provato “Matteo” a derubricarla a battuta. Ma ormai il fendente era partito. Insieme a molti altri per la verità.
Il governo infatti secondo il primo cittadino di Firenze è colpito dal “tic andreottiano”: si preoccupa solo della sua durata mentre deve pensare a fare le cose.
Ancora Andreotti nelle evocazioni di Renzi a Porta a porta per dire che il suo amico Enrico deve decidere se “essere più Andreatta o più Andreotti”. E, sempre a proposito del leader Dc, “Matteo” rispedisce al mittente l’idea comune che lui sia democristiano: “Mai stato nelle giovanili della Dc, dove invece c’erano Franceschini, Letta e altri – spiega – Poi, il democristiano è felpato, non dice le cose entrando come un elefante nella cristalleria, come talvolta faccio io”.
In questo stile, Renzi parla del Pd “rimasto troppo a ruota del Pdl” in questi primi mesi di governo, per esempio sull’Imu. Ora è tempo per i democratici di intestarsi qualche vittoria, come per esempio quella sulla legge elettorale. E ancora, va bene il ritornello lettiano sull’importanza della “stabilità” che però non deve diventare “immobilismo”.
Se Renzi diventasse segretario del partito? Non darà una mano a Letta, “ma due”, fa sapere il sindaco. Bisognerà vedere a questo punto se Letta le vorrà.