Sta per ricominciare la giostra della spending review. Tagliare, tagliare la spesa pubblica, è il comandamento da seguire per trovare qualche briciola di risorse utili a ridurre imposte e tasse, oltre che per rispettare il vincolo-cappio del rapporto deficit/pil al 3 per cento.
Più che un comandamento, è la sola strada da imboccare secondo il fresco Rapporto annuale sulla finanza pubblica edito dal Mulino: “L’unica possibilità di diminuire la pressione fiscale senza peggiorare i saldi sta in una riduzione della spesa primaria maggiore di quella implicita nelle proiezioni ufficiali”, scrive l’economista Giuseppe Pisauro in un capitolo del Rapporto curato da Alberto Zanardi.
Così da giorni al ministero dell’Economia la squadra allestita da Fabrizio Saccomanni si sta scervellando non già a passare dalle parole ai fatti dopo tanti rapporti, rapportini e paper profusi negli ultimi anni dalla Banca d’Italia per raccomandare ai politici quanto e come ridurre la spesa pubblica, bensì a chi affidare il compito di commissario-cerbero delle uscite statali.
Evidentemente la lezione e l’esperienza di Mister Forbici, ovvero l’ex ministro montiano Piero Giarda che tutto sapeva della spesa, non sono state sufficienti. Eppure è stato uno studio della stessa Cattolica di Milano (studio elaborato dal Laboratorio di Analisi monetaria che vede nel comitato scientifico anche Giarda) a certificare che le ponderose analisi dell’ex ministro sono rimaste in parte solo sulla carta. Ecco quello che si legge in un report sui risultati della spending review del governo Monti gestita da Giarda: “Il risultato finale è ben lontano dai propositi iniziali, appaiono snaturati tutti quegli interventi che di fatto si caratterizzano come tagli lineari e non come veri e propri revisioni di spesa”.
Nonostante ciò, si continua la caccia al tecnico per limare le uscite delle amministrazioni pubbliche. Ieri sul quotidiano la Repubblica Federico Fubini ha scritto che Saccomanni sta cercando di convincere Carlo Cottarelli del Fmi ad accettare l’incarico di commissario per la spending review. Non sono sufficienti uomini, teste e idee della Banca d’Italia, nonostante i numerosi traslochi da via Nazionale a via Venti Settembre?
Invece di incaponirsi sui tecnici, e in presenza di un governo “politico” come quello di Letta-Alfano, sarebbe l’ora che Saccomanni sfidasse i politici parolai a blaterare meno sugli sprechi da tagliare e a indicare capitoli di spesa, commi di leggi, uffici statali ed enti pubblici da cassare.
Questa volta la spending review sia politica.