Massimo D’Alema le ha derubricate a “questioni di lana caprina”. Ma il dibattito sul fatto di prevedere o meno il voto palese in Senato per la decadenza di Silvio Berlusconi infiamma da giorni la politica. E si arricchisce di nuovi capitoli. Infatti Formiche.net ha scovato un atto parlamentare quanto mai curioso e rivelatore: nel 2006 la senatrice pidiellina Elisabetta Casellati fu promotrice di una richiesta di modifica del regolamento proprio in materia di voto segreto.
Sì, proprio la senatrice componente della Giunta chiamata a decidere sul destino giudiziario di Berlusconi ed esponente di un partito che si sta stracciando le vesti contro la modifica del regolamento sul voto palese bollato come “opportunistico”, “contradditorio”, “illegale”.
Casellati scriveva invece sette anni fa che “la libertà di espressione del voto – leggasi la libertà dai condizionamenti di partito o di coalizione –, assume una netta prevalenza rispetto al principio di responsabilità politica personale che su ciascun parlamentare dovrebbe inesorabilmente incombere”. E ancora, nel chiedere che il voto segreto fosse mantenuto “solo su votazioni riguardanti le persone e nei casi in cui si proceda ad elezioni mediante schede”, citava Stuart Mill: “Il dovere di votare, come qualsiasi altro dovere, venga adempiuto al cospetto del pubblico sotto la minaccia della censura del pubblico”.
Un po’ come con la legge Severino, prima votata con fragorosi applausi, ora al centro delle critiche dei berluscones, anche sul voto segreto, certo tirato fuori a orologeria anche da M5S e Pd, i pidiellini sembrano aver cambiato atteggiamento. Se infatti, come dimostra la proposta della senatrice Casellati, la questione era addirittura al centro delle loro iniziative parlamentari, oggi che coinvolge il loro leader si scandalizzano solo a sentirne parlare.
Ecco la proposta della senatrice Casellati