Bruxelles e le maggiori capitali europee attendono le elezioni federali tedesche del 22 settembre con la speranza che l’esito della consultazione nel paese leader in Europa possa sbloccare una agenda europea sostanzialmente paralizzata e priva di un grande progetto unificante.
Speranze e previsioni
Sarebbe però un errore attendersi un esito salvifico che porti a una radicale svolta nella gestione delle questioni più urgenti su cui l’Unione europea dovrà pronunciarsi.
È improbabile che dopo le elezioni la Germania si trasformi da un “egemone riluttante” – come la definiva a giugno The Economist – in un attore pronto ad assumersi pienamente le sue responsabilità di stato membro più forte dal punto di vista dell’economia, dei conti pubblici e della competitività, più stabile e affidabile dal punto di vista politico, e potenzialmente più interessato al successo del progetto europeo.
I sondaggi danno stabilmente in testa il partito dei Cristiani democratici uniti (Cdu) guidato da Angela Merkel e che deve, in gran parte, alla stessa cancelliera il consenso di cui gode.
Più incerte le previsioni per gli altri partiti. Il distacco tra Cdu e il partito socialdemocratico (Spd) rende però improbabile il sorpasso da parte della sinistra.
Altro dubbio è quello che riguarda i voti che otterrà Alternativa per la Germania (Afd), la nuova formazione politica con un programma elettorale marcatamente anti-europeo. Vi è la possibilità, anche se remota, che questa formazione superi la soglia di sbarramento del 5%.
Coalizione dal colore incerto
La vera incertezza riguarda quindi la composizione della coalizione di governo. Ma tutto lascia ritenere che sarà ancora la Merkel a guidare il governo e ad imporre la sua agenda.
Le combinazioni più probabili sono quindi nell’ordine: una riedizione della grande coalizione tra Cdu e Spd (che aveva governato nella legislatura che ha preceduto quella appena conclusa, con esiti elettorali disastrosi per i socialdemocratici); una prosecuzione della coalizione tra Cdu e i liberali della Fdp (praticabile solo nell’ipotesi che questi ultimi recuperino consensi, superando la soglia del 5%); una nuova e inedita coalizione tra Cdu e “verdi” (difficile, ma non impossibile da immaginare).
Ferdinando Nelli Feroci è presidente dell’Istituto Affari Internazionali (IAI).