Destinazione Italia. Altra gesticolazione inconcludente, nella presunzione che l’opinione pubblica italiana soprattutto gli imprenditori (e, fra questi, gli imprenditori stranieri!) siano disposti a farsi prendere per il naso dalle parole senza conseguenze pratiche.
Prima di attrarre nuovi investimenti stranieri, l’Italia dovrebbe essere in grado di trattenere gli investimenti che già ci sono e che se ne vanno oltreconfine (con tutti i costi che la smobilitazione comporta) perché in Italia non trovano un ambiente propizio all’intraprendere.
La classe politica italiana continua a credere che l’Italia sia cinta da alte mura e che la mondializzazione non esista. Invece essa opera, ad esempio, anche alle nostre porte di casa, in un cantone svizzero (il Canton Ticino) dove si parla lo nostra stessa lingua. Giovedì prossimo, 26 settembre, il Comune di Chiasso ha indetto un meeting dal titolo: “Benvenuta impresa” dedicato alle imprese italiane interessate a passare il confine. I posti a diposizione erano 150, la prenotazione, via web, era obbligatoria. Sono già arrivate 264 domande di partecipazione, il doppio dei posti a disposizione.
Come mai questa ressa?
Che cosa ha da offrire Chiasso? Poche ma qualificanti cose: “Una pressione fiscale al 22% , una burocrazia amica, fibra ottica per comunicazioni ultrarapide con tutto il mondo e un incubatore tecnologico per chi vuol sviluppare nuovi prodotti”. Questa è la politica industriale intelligente. Che lascia liberi gli imprenditori di scegliere che cosa vogliano fare, nella convinzione, lapalissiana, che un imprenditore (anche perché rischia di suo) sappia fare le scelte economiche molto meglio che non il migliore dei burocrati pubblici. Il Comune di Chiasso ha messo anch’esso dei paletti, ma minimi e significativi: saranno privilegiate le lavorazioni hi tech o del terziario avanzato e viene chiesta una retribuzione minima, per le fasce meno qualificate, di 40.500 euro annui lordi.
Questa notizia illuminante è stata data solo dal Corriere della Sera (ma esclusivamente nelle pagine lombarde) per cui già a Bologna, per non dire a Roma, nessuno ne sa niente.
Gli altri media, impegnati a scoprire le differenze fra Civati e Cuperlo, non hanno pubblicato nulla.