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Ecco come la guerra colpisce l’economia siriana

Le possibilità che ci sia un intervento militare in Siria sono sempre più ridotte. Gli Stati Uniti e la Russia sono arrivati ad un accordo sulle armi chimiche. Entro una settimana, il regime di Bashar al-Assad dovrà consegnare la lista dell’arsenale ed entro novembre saranno realizzate le ispezioni internazionali. Solo dopo si procederà alla distruzione delle armi chimiche. Se l’accordo non sarà rispettato, l’Onu potrà evocare l’applicazione di alcune misure come sanzioni economiche, no fly-zone e, infine, l’intervento armato.

La crisi continua
Nonostante sia stato raggiunto l’accordo per una soluzione politica, in Siria la situazione è tutt’altro che risolta. Il governo difficilmente potrà riprendere il controllo delle zone dove oggi comandano i ribelli ed è indebolito dalla guerra civile e dalle sanzioni economiche. Anche i ribelli sono in una condizione di difficoltà, frammentati e dipendenti dal sostegno dell’Occidente e dei Paesi del Golfo.

Il crollo economico
Secondo l’ultimo rapporto diffuso da Sace, la situazione umanitaria in Siria è molto grave soprattutto a causa della crisi economica. Il Pil ha registrato una flessione dal 2011 perché sono stati azzerati consumi privati, investimenti ed esportazioni. “Danni e interruzioni alle attività industriali e alle produzioni agricole, in aggiunta alle sanzioni imposte a livello internazionale, hanno ridotto la presenza di investitori stranieri e comportato una severa flessione delle esportazioni nel 2013 (-46% rispetto al 2012)”, spiega il rapporto.

Il valore del greggio
La possibilità di un intervento militare in Siria ha fatto salire il prezzo internazionale del petrolio. Anche se il rapporto Sace ricorda che la Siria “non è uno dei principali Paesi produttori di idrocarburi (rappresenta circa lo 0,4% della produzione mondiale), né costituisce uno snodo centrale per il transito dell’oil & gas (come l’Egitto)“.

Lo studio sostiene che il picco raggiunto a fine agosto dal prezzo del greggio (il valore più alto degli ultimi sei mesi), è legato alla più ampia instabilità del Nord Africa e Medio Oriente. In mezzo alla situazione di agitazione si sono verificate interruzioni della produzione di in Libia e un peggioramento del livello di sicurezza in Egitto e in Iraq.

Le riserve internazionali
Le riserve internazionali sono in calo da 19,5 miliardi di dollari a fine 2010 a 2,5 miliardi di dlolari nel 2013. Mentre la valuta locale è sempre più debole: dall’inizio della guerra il valore della lira siriana è caduto da da 1Usd: 50Syd a inizio 2011 a 1Usd:200-240Syd sul mercato nero.

Scambi commerciali con l’Italia
Anche i rapporti commerciali con l’Italia hanno subito gli effetti della guerra. Il rapporto Sace sostiene che nel 2012, con l’intensificarsi delle ostilità e l’adozione di sanzioni internazionali, gli scambi sono diminuiti dell’84% rispetto all’anno precedente e le esportazioni italiane in Siria si sono ridotte del 73%.

“Nei primi 6 mesi del 2013 l’export italiano è ulteriormente crollato del 73% rispetto allo stesso periodo del 2012, attestandosi a 19 milioni di euro”, sostiene il rapporto Sace. A subire il crollo sono state in particolare le vendite italiane di prodotti energetici raffinati e della meccanica strumentale, che hanno registrato una brusca frenata nel 2012.



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