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Lo Stato entri in Telecom Italia. Le proposte dei piccoli azionisti

Debiti, aumento di capitale, soci esteri e un azionista ex novo invocato: lo Stato. L’analisi e le proposte di Franco Lombardi, presidente di Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia, in una conversazione con Formiche.net.

Ingegner Lombardi, qual è il reale stato di Telecom? Basta un aumento di capitale o serve (e come?) abbattere il debito?

Un aumento di capitale di almeno di 3-4 miliardi di euro riservato avrebbe il beneficio di ridurre il debito, e quindi avvicinarsi a un rapporto debito/ebitda degli altri operatori europei vicino a 2.3-2.4, di aumentare il valore del titolo in Borsa, di mettere investimenti sulla nuova rete di accesso in fibra ottica NGN, portando quindi Telecom Italia a raggiungere gli obiettivi dell’agenda digitale europea sulla larga banda, riducendo così anche il digital divide nelle aree a sviluppo economico critico dell’intero Paese.

Fra i potenziali (veri o presunti) pretendenti esteri, come socio di controllo lei preferirebbe Telefonica o Sawiris? O auspica un intervento pubblico della Cdp non sono nella rete? E perché?

La soluzione migliore sarebbe un intervento economico almeno di 3 miliardi della Cassa depositi e prestiti, con un aumento di capitale a lei riservato, direttamente su Telecom Italia. La Cdp è già intervenuta in una catena di supermercati, su Snam, su Eni, e ora sta pensando di intervenire su Ansaldo, Finmeccanica (già titolo junk), e non si capisce perché non possa intervenire su Telecom Italia.

Ma è proprio sicuro che la Cdp possa e debba entrare nell’ex monopolista?

Cassa depositi e prestiti deve intervenire su un’azienda se c’è redditività, La redditività di Telecom Italia, una volta rinforzata la struttura finanziaria, potrebbe dare ritorni con gli utili, con la rivalutazione del titolo oggi ai minimi storici. Del resto la Caisse des depots francese è intervenuta recentemente su France Telecom con 2 miliardi di euro nel 2012, insomma con una cifra significativa, credo che non sia un istituto di beneficienza no profit…

Quindi anche lei come il Corriere della Sera dice “vade retro Telefonica”?

Se i politici non fanno intervenire la Cassa, Telefonica va bene se aderisce all’aumento di capitale indispensabile affinché le agenzie di rating a fine ottobre – vedi tempo dato da Moody’s  – non declassino Telecom Italia a junk. Se Cdp e Telefonica non aderiscono, allora anche Sawiris, At‹&t, Softbank o altri sarebbero il male minore. Nel passato anche fondi sovrani libici si sono affacciati ma gli azionisti di controllo hanno detto no.

Un intervento di Cdp nell’azionariato di Telecom non segnerebbe anche un’ammissione implicita di fallimento per la missione del vertice dell’azienda telefonica?

Assolutamente no, perché i vertici attuali di Telecom hanno trovato nel 2007 43 miliardi di avviamento e 40 miliardi di debito creato dalle gestioni precedenti, soprattutto dall’Opa di Colannino, e la fusione di Tim con Telecom Italia fatta da Tronchetti. Bernabé ha ridotto il debito, in una situazione decrescente dell’economia del Paese, di circa 8 miliardi di euro.

Non pensa che ci possano essere anche dei rischi per un intervento pubblico?

No, anzi. Entrando in Telecom Italia, lo Stato tramite la Cdp eviterebbe di avere un’Italia a due tre velocità sulla larga banda, cioè si farebbero solo interventi nelle città più ricche mentre le zone più depresse sarebbero abbandonate. Lo Stato potrebbe garantire un’uniformità degli investimenti in modo che tutto il Paese possa avere una rete moderna senza la quale anche il Pil del Paese oltre ai livelli occupazionali è a forte rischio. Se Telecom Italia entra in crisi e va verso situazioni tipo Parmalat, Ilva, Alitalia etc si entra in una crisi sistemica essendo Telecom fattore trainante indispensabile per la crescita.

Perché Asati da sempre in assemblea lotta per far variare lo statuto attuale di Telecom Italia?

Lo statuto attuale di Telecom Italia assegna i 4/5 dei consiglieri all’azionista di controllo, che oggi è Telco che con il 22% di azioni. TI ha 12 consiglieri, l’altro 78% ne ha 3. Questo statuto è antidemocratico e non rispecchia gli interessi tra l’altro dei 600.000 piccoli risparmiatori della società. I fatti del passato e anche recenti dimostrano che tutte le operazioni con parti correlate in conflitto di interesse tra i soci dell’azionista di controllo, a partire dalle gestioni drammatiche e scellerate del periodo 2000-2007, non sarebbero avvenute con un altro statuto vedi quello di una public company come Telefonica dove i componenti del consiglio vengono scelti in proporzione ai voti avuti in assemblea.


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