Pubblichiamo grazie all’autorizzazione di Class Editori il commento del direttore di Italia Oggi Pierluigi Magnaschi.
Nello stesso giorno, due grandi imprese italiane (Alitalia e Telecom) sono, di fatto, passate in mani straniere. La prima sarà inglobata dalla compagnia aerea franco-olandese Air France-Klm e la seconda dalla compagnia di tlc spagnola Telefonica.
Le due vicende industriali, pur essendo diverse, sembrano obbedire allo stesso copione. Analizziamo perciò, per ragioni di spazio, solo il caso Alitalia. La compagnia di bandiera era sull’orlo del fallimento. Ingolosita dal mercato italiano, si fece avanti Air France-Klm. Non offriva molto (i ferrivecchi non hanno un gran mercato) ma si accollava i debiti ed evitava la liquidazione della società che non si sa mai quanto possa venire a costare, perché, in Italia, queste procedure non finiscono mai.
Ma Berlusconi, cinto nel tricolore, si oppose alla cessione del ferrovecchio e, in nome dell’italianità, se lo tenne ben stretto. Il risultato è che l’Alitalia è costata, all’erario, cioè a tutti noi, 5 miliardi di euro (più dell’Imu sulla prima casa), ha concesso una cassa integrazione sontuosa (cinque anni) ai dipendenti, consentendo a molti piloti di prendersi il mega-sussidio e di poter nel contempo lavorare per compagnie straniere (come da indagine in corso della procura di Verona) .
Inoltre, sempre per tenere a galla l’Alitalia, il governo ha infranto le regole della libera concorrenza, concedendo ad Alitalia l’esclusiva per cinque anni (che, in base alle pretese di Alitalia, rischiava di diventare eterna) della rotta Milano Linate-Roma Fiumicino (e viceversa) consentendo così, all’Alitalia, di praticare dei prezzi iperbolici perché di quattro-cinque volte superiori a quelli che la concorrenza avrebbe reso praticabili.
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