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La partita Telecom è solo all’inizio. Tutti gli ostacoli per Telefonica

L’accordo che permette alla spagnola Telefonica di salire ulteriormente nella holding Telco, cui fa capo Telecom Italia, è ormai cosa fatta. Ma potrebbe non trattarsi dell’ultima mano della partita. In una conversazione con Formiche.net Stefano Quintarelli, blogger e noto esperto di tlc e social media, eletto deputato nelle liste di Scelta Civica, spiega i paletti da superare affinché l’operazione vada in porto e le divergenze tra gli interessi di Telecom e quelli del gruppo spagnolo.

Le decisioni dell’Antitrust brasiliana ed argentina

Come giudicare la mossa di Telefonica? E quella dei colossi assicurativi e del credito presenti in Telco (Generali, Intesa e Mediobanca)? “Mi chiedo piuttosto perché abbiano comprato – spiega Quintarelli -. Era un’operazione probabilmente in difesa dell’italianità e considerata giusta all’epoca. Ma le banche e le assicurazioni dovrebbero fare il loro mestiere. Adesso escono e si leccano le ferite, con una situazione che si era fatta difficile da sostenere. Ma non si possono biasimare, e nemmeno Telefonica, che fa i propri interessi, ammesso che glieli facciano fare. Vedremo cosa succederà. Credo che questa sia solo la prima mano della partita, non l’ultima. Non penso che l’operazione possa essere considerata già finita. Mi aspetto anzi delle decisioni abbastanza negative da parte dell’Antitrust brasiliana e argentina”.

La golden rule del governo

Alcuni esempi? “America Movil – prosegue – ha fatto un’offerta a Kpn che è stata bloccata dalla fondazione Kpn. E la proposta di France Telecom alla svedese-norvegese Telia è rimasta ferma per mesi a causa dell’opposizione, per motivi di sicurezza nazionale, dell’esercito, e che ha ottenuto l’ok quando l’interesse francese era ormai passato, secondo la versione ufficiale. Vedremo i paletti che il governo fisserà con il provvedimento per la golden rule, ricevuta in eredità dal governo Monti. Si tratta di una proposta per i settori strategici che permette al governo di fissare alcuni paletti, regole di tutela dell’interesse nazionale e che sono l’unica limitazione consentita all’operato di una società privata. Una norma che va fatta e che non è più rinviabile”.

Il ruolo della Cdp

L’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, come chiedevano i piccoli azionisti di Asati, sarebbe stata una strada preferibile? “La Cdp – commenta Quintarelli – è un soggetto che non può investire in settori a rischio. Non dico che Telecom sia rischiosa, ma non vedo la Cdp investire in un player rilevante del mercato, oggetto di una regolamentazione asimmetrica. L’idea alla base delle liberalizzazioni era che qualcuno prendesse quote di mercato a scapito degli operatori monopolisti. Per fare questo sono state fatte delle regole asimmetriche a vantaggio dei nuovi entranti. Telecom ha ancora in capo delle regole asimmetriche che la pongono in condizioni diverse rispetto agli altri concorrenti. Con una società della rete separata, con conferimento degli asset da parte di altri operatori e con investimenti allineati e non duplicati, a quel punto potrebbero essere rilassati alcuni obblighi asimmetrici per Telecom Italia e allora ci sarebbero le condizioni per un investimento della Cdp. Del resto Telefonica da sempre ritiene che la rete non debba essere separata; un parere legittimo nel suo interesse che io non reputo in linea con l’interesse del Paese”.

Le prospettive per Telecom e le mire di Telefonica

Ma il controllo di Telefonica in Telco sarà vantaggioso o no per gli investimenti infrastrutturali in Italia, con la creazione di una rete di nuova generazione in fibra ottica ad esempio? “Io osservo che in Brasile Telefonica è il primo operatore mobile e Telecom il secondo, in Argentina Telecom primo operatore di rete fissa e Telefonica il secondo. Abbiamo un azionista che è il nostro primo concorrente nei Paesi chiave per lo sviluppo di Telecom. E’ più amico o avversario? Francamente mi sembra più avversario – evidenzia Quintarelli -. Chiaramente c’è una sovrapposizione che le autorità locali vorranno risolvere e non mi immagino che Telefonica faccia la parte del ‘buon samaritano’ vendendo le proprie quote per tenere quelle di Telecom. Ritengo che l’interesse di Telefonica, legittimamente, non sia tanto favorire lo sviluppo di Telecom quanto il proprio. E lo sviluppo infrastrutturale in Italia non è una priorità per Telefonica. Mi sembra che l’ammodernamento della rete sarà decisamente più difficile”.

L’eventuale intervento della Consob

Ma perché l’operazione con Telefonica non ha ottenuto la stessa opposizione che si è registrata dopo le indiscrezioni sull’ingresso in Telecom della società cinese Hutchinson Whampoa? “Adesso che Telefonica diventa azionista di controllo le critiche cominciano a vedersi. C’è da passare il vaglio della Consob. Comunque su 16 consiglieri d’amministrazione 11 sono nominati da Telco. Se abbiamo un azionista di maggioranza in Telco che nomina 11 consiglieri su 16 vuol dire che il controllo in Telecom è cambiato e forse la Consob deve intervenire”, spiega.

Il rischio deindustrializzazione

Rischio di deindustrializzazione per l’Italia? “Telecom è un’azienda con grandissime competenze e io spererei che il suo know how non vada disperso. Certo che i problemi di Telecom Italia non nascono ora, ma fra il 1999 e il 2006 quando si è visto un grande aumento del debito. Del resto all’epoca Telecom era più grande di Telefonica. La radice è antica, ora i nodi stanno venendo al pettine”.

Le debolezze di Telecom

Gigante dai piedi d’argilla insomma, se si considera l’indebitamento sia di Telefonica che di Telecom? “Indubbiamente. Forse ci si aspetta una di quelle operazioni ‘too big to fail’. Ma c’è la Consob, le autorità, la golden rule. Ci sono ancora tanti paletti sul tavolo da gioco. Vediamo cosa succede”, conclude Quintarelli.


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