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Vi spiego perché Telefonica non ha campo libero su Telecom

Pubblichiamo grazie all’autorizzazione dell’autore, l’analisi del responsabile economia del quotidiano il Giornale, Marcello Zacchè, uscito oggi sul quotidiano diretto da Alessandro Sallusti

L’operazione Telecom-Telefonica non è fatta e finita. Gli spagnoli hanno comprato la facoltà, ma non l’obbligo di salire al 100% della holding Telco e di assumerne il controllo della governance.

Di qui al maggio 2014 potrebbero anche cambiare idea. E in ogni caso Telco controlla solo il 22,4% di Telecom. Mentre il rimanente 78% del capitale resta sul mercato e chiunque potrebbe, lanciando un’Opa, prendersi la maggioranza. Non solo, ma potrebbe anche avvenire che lo stesso consiglio di Telecom, di fronte a una proposta vantaggiosa di ricapitalizzazione riservata a un nuovo socio forte, non possa rifiutare. In altri termini, Telecom non è ancora spagnola. La partita è aperta: i tempi supplementari sono appena iniziati.

Il diritto di opzione e la questione nomine

Primo punto: l’accordo tra Mediobanca, Intesa, Generali (…) e Telefonica prevede che quest’ultima salga fino al 70% di Telco, sborsando circa 440 milioni per due successivi aumenti di capitale, più 420 milioni di accollo di un prestito soci, senza però poter ancora nominare presidente, amministratore delegato e la maggioranza del consiglio Telecom, che resta prerogativa del 30% dei tre soci italiani. Questa facoltà la potrà avere solo esercitando l’opzione finale, a partire da gennaio e fino a maggio (1,1 euro per le azioni restanti “in trasparenza” di Telecom Italia) e comunque dopo aver ottenuto i necessari via libera di ogni Authority interessata, comprese Brasile e Argentina. Un’eventualità, quella dell’esercizio dell’opzione per salire al 100%, non scontata.

Le opposizioni all’operazione

Lo si è visto chiaramente ieri. Basta riassumere: la levata di scudi dei sindacati; la freddezza del governo, emersa dopo un’iniziale neutralità del premier Letta; la volontà del viceministro Catricalà di rendere strategica la rete e di scorporarla; l’intenzione di rilanciare la nuova “golden share“; la contrarietà del management. Senza contare le difficoltà antitrust brasiliane, che già ieri hanno escluso il controllo di Tim Brasil da parte degli spagnoli. Telefonica potrebbe dunque restare al 70% di Telco in attesa di monetizzare la quota, magari senza perderci, successivamente allo scioglimento di Telco.

L’ipotesi di un nuovo socio forte

Punto due: potrebbe arrivare da un investitore nuovo, libero di andare sul mercato e di prendersi la maggioranza relativa di Telecom o quella assoluta, lanciando un’Opa. Nulla impedisce a un colosso come Vodafone, per esempio, di fare un’operazione di questo tipo, consolidandosi in Italia, sviluppando la rete, ed espandendosi, tramite Tim Brasil, in Sudamerica.

Bernabè e l’aumento di capitale riservato

Punto tre: Bernabè. Il presidente, si è visto ieri in Senato, si difende strenuamente e l’offerta Telefonica non gli garba. Ripete che si tratta di un’operazione finanziaria, senza alcuna valenza strategica, senza un progetto per Telecom e senza investimenti sulla rete di futura generazione. Per questo vorrebbe un aumento di capitale. E se dovesse trovare chi lo fa (mesi fa si parlava del finanziere Sawiris), e proporre al cda una ricapitalizzazione riservata, potrebbe giocarsela. Primo, perché sarebbe un rischio giuridico, per i consiglieri, bocciare un progetto così interessante per la società; secondo perché il cda, dopo le dimissioni di Elio Catania, appare diviso esattamente in due: tre manager, cinque indipendenti da un lato, gli otto rappresentanti Telco dall’altro. Insomma, la storia continua.


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