Se Berlusconi pensa che tutti i suoi problemi si risolvano con il ritorno al voto ha sbagliato i conti. Quelli giusti li fa con Formiche.net Vincenzo Lippolis, professore di Diritto comparato all’Università degli studi internazionali di Roma e membro della commissione di “saggi” sulle riforme del governo Letta: “Un’eventuale crisi di governo non influirà sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Questa procedura può proseguire sia in periodo di crisi che a Camere sciolte. Si tratta di un procedimento interno alle Camere sul quale non interferisce la crisi di governo”.
Una strada già segnata per Berlusconi, dunque, anche se si tornasse alle urne?
Anche se Berlusconi non fosse dichiarato decaduto, in caso di nuove elezioni, gli uffici elettorali che hanno il compito di verificare le liste potranno rilevare la sua incandidabilità in base alla legge Severino.
Domani è il giorno della verità per Enrico Letta. Come avverrà la verifica parlamentare?
Il punto preliminare è sulla posizione dei ministri che hanno presentato le dimissioni. A oggi sono congelate e Letta non ha provveduto a sostituirli. L’eventuale voto di fiducia non sarà solo sul presidente del Consiglio ma su tutto l’esecutivo. Toccherà a Letta chiarire se il voto riguarderà il governo nell’attuale composizione o in una diversa. E comunque non è detto che si arrivi necessariamente al voto, il premier potrebbe trarre prima le sue conclusioni e optare per le dimissioni. Altrimenti si voterà sulla risoluzione presentata dai gruppi parlamentari che sostengono l’esecutivo sulla quale Letta porrà la questione di fiducia che si voterà per appello nominale.
Perché si comincia con il Senato?
Nonostante Letta abbia ottenuto la sua prima fiducia alla Camera, si parte con il Senato perché è qui che c’è un problema di numeri. Se supera questo scoglio, alla Camera non avrà problemi.
A Palazzo Madama se il nocciolo duro del Pdl voterà contro, i numeri potrebbero essere risicati. Non c’è il rischio di un “governo scilipotesco” e quindi troppo fragile?
Il problema non è solo di numeri. Certo, se fossero troppo risicati creerebbero instabilità. Ma il punto centrale è la chiarezza politica: emergerà dal dibattito una piattaforma politica accettata dai gruppi parlamentari che si riconoscono in essa? Si è aperto un dibattito serio nel Pdl. Nel centrodestra potrebbero costituirsi nuovi gruppi parlamentari favorevoli a sostenere Letta. Non parlerei di scilipotismo, qui non si tratta di transfughi chi si spostano per opportunismo.
Il Pdl si spaccherà?
Potrebbe esserci l’ennesimo colpo di teatro di Berlusconi. Il Pdl potrebbe alla fine ripensarci e dichiarare il suo appoggio al governo. È improbabile certo, ma l’atteggiamento del Cavaliere ultimamente riserva molte sorprese.
Se invece Letta domani non dovesse farcela, che succede?
Il presidente della Repubblica è stato chiarissimo a riguardo. In caso di rottura, il capo dello Stato non scioglierà subito le Camere ma ci sarà il tentativo di ricostituire un governo transitorio, di scopo per fare la legge di stabilità che ha una tempistica precisa e serve per l’Europa e i mercati. E per modificare una legge elettorale sulla quale pende questione di costituzionalità.
Non si può tornare al voto con il Porcellum?
La Corte costituzionale certo non dichiarerà incostituzionale tutta la legge, lasciando di fatto il Paese senza un sistema elettorale. Potrebbe dichiarare incostituzionale il premio che non è collegato al raggiungimento di un quorum di voti. In questo caso la legge sarebbe applicabile e si trasformerebbe in proporzionale.
In caso di crisi, c’è il rischio che anche Napolitano si dimetta? La promessa di “responsabilità” politica che il capo dello Stato ha chiesto al Parlamento il 22 aprile scorso per la sua rielezione non è stata mantenuta…
Sono convinto che Napolitano non si dimetterà, non aggiungerebbe mai la crisi istituzionale alla crisi governativa. Ha troppo senso delle istituzioni per fare una cosa del genere.
Che ne sarà ora del documento finale di voi saggi sulle riforme?
Il documento mantiene la sua validità, anche se era stato redatto in una prospettiva di lungo periodo e di permanenza in carica del governo. Le riforme hanno bisogno di tempi lunghi.