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Unicredit, Intesa, Mps. Le banche promosse (e bocciate) in un report di Société Générale

Qual è lo stato di salute delle banche italiane e il confronto a livello europeo? Saranno in grado di reggere agli stress test o ci sarà una nuova ondata di aumenti di capitale? A sondare il terreno, puntando il dito contro le banche italiane, è un report non pubblico di Société Générale, che analizza il livello di capitalizzazione degli istituti nazionali per capire chi sono i virtuosi, che hanno proceduto con politiche di accantonamento negli scorsi anni, e chi invece ha di fronte periodi turbolenti.

L’Italia, punto debole del sistema bancario europeo

“L’Italia – si legge nel rapporto di Société Générale – è il punto debole della Asset Quality Review” (Aqr, l’esame a cui saranno sottoposte le banche europee)”. Il Paese sta mostrando “qualche piccolo segnale di miglioramento a livello macroscopico, ma nel complesso il panorama resta grigio e la fragilità politica continua. Segnaliamo trend positivi a seguito dei risultati del secondo trimestre del 2013, migliori delle stime, e che hanno visto battere le attese anche quanto alla qualità degli asset. Le banche italiane sono sovraccaricate con lunghe liste di prestiti in sofferenza che rappresentano il 116% degli asset tangibili. Su queste basi, il sistema bancario italiano è il più vulnerabile in Europa, e quindi la Aqr potrebbe essere dura per gli istituti del Paese. Unicredit, sottolinea Société Générale, resta l’unico gruppo italiano con raccomandazione buy, a Intesa, Ubi e Bpm viene assegnata hold, mentre a Banco Popolare e Banca Mps sell”, si sottolinea.

L’Aqr come catalizzatore

“Secondo i nostri stress test, basati sui dati relativi al secondo trimestre del 2013, la carenza di capitali è compresa tra gli 8 e i 21 miliardi di euro, ipotizzando che il 20-40% dei prestiti scaduti venga rivenduto ad altri investitori per liberarsi dei crediti rischiosi e ripulire il bilancio (Cleanup)”, prosegue Société Générale.

Ma i collaterali potrebbero ribaltare la situazione

L’inclusione dei collaterali a valori di mercato nel calcolo della copertura “potrebbe però portarla ad oltre il 100% per le banche italiane (oltre il 200% per Ubi e BP). Anche cedendo a società di factoring il 20% del collaterale a valore di mercato, la lista dei debiti impaired (ad incaglio) cadrebbe improvvisamente al di sotto della media europea (69% vs 61%), mentre con una ricognizione del 50% del collaterale, la lista cadrebbe al 20% (per alcune banche sarebbe addirittura negativa)”, si osserva.

Le banche più forti e le più deboli

Tra le banche italiane, “le liste dei bad loan di UCG (la controllata di Unicredit, Credit Management Bank), Intesa Sanpaolo e Banca Popolare di Milano sono al di sotto del 100% (considerata una soglia critica) e i rapporti sulla copertura dei crediti in sofferenza sono in linea con quelli di colossi simili a livello europeo. Le liste di bad loans di Ubi, Banco Popolare e Banca Monte dei Paschi sono invece ben al di sopra del 100%, e presentano una liquidità di copertura ben al di sotto degli standard italiani ed europei”.

Stress test

Il risultato mostra che “mentre per le grandi banche la carenza di capitali può essere gestibile anche nel peggiore degli scenari possibili, la maggior parte delle banche di piccole e medie dimensioni dovrebbe richiedere aumenti di capitale. L‘istituto medio più solido sarebbe Ubi, che potrebbe superare un clean up fino al 30% senza aumenti di capitale. Invece, secondo noi, a causa della loro scarsa capitalizzazione Banco Popolare e Monte dei Paschi non potrebbero gestire la scarsa capitalizzazione, a maggior ragione il gruppo senese che soffre di una carenza di capitale pre-esistente a prescindere dallo stress test”.

“Non siamo sicuri se la Banca Popolare di Milano può essere soggetta a stress test (non è stata coinvolta negli stress test dell’Eba nel 2011). Nella nostra analisi non abbiamo considerato gli aumenti di capitale già annunciati da Mps e Bpm. Ma se si considerano i 500 milioni di diritti (previsti per la fine del 2013 e l’inizio del 2014), secondo noi la carenza di capitali può essere gestita da Bpm. Ucg sarebbe in grado di reggere allo stress test senza problemi ma se isoliamo la sussidiaria italiana, la carenza di capitale non sarebbe gestibile”, conclude il report.



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