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Ecco come Piazza Affari ha giudicato la piroetta di Berlusconi su Letta

La giornata della resa dei conti nel Senato Italiano è cominciata con un tono stranamente dimesso in Asia, in considerazione della robusta chiusura di Wall Street ieri sera. Tokyo (-2%) ha vissuto una giornata pesante senza un catalist preciso. Tra le cause, alcuni hanno indicato la ratifica da parte di Abe dell’aumento dell’IVA.
In verità, il principale problema del Nikkei continua ad essere un $/Yen zavorrato dalla stance della FED e dal rischio shutdown/debt ceiling. Essendo gli “Abenomics” largamente basati su una svalutazione competitiva con annessa importazione di inflazione, è chiaro che il recente rafforzamento della divisa nazionale, in range da aprile scorso, innervosisce non poco gli operatori. Per il resto, con Shanghai e Bombay chiuse per festività, non c’è granché da riportare.

La mattinata europea è stata dominata dalle vicende politiche di casa nostra, col mercato impegnato a contare i dissidenti del PDL al senato. In realtà la fiducia non è mai sembrata seriamente in pericolo, ed è stata la stima del margine a guidare le oscillazioni degli asset italiani.
In questo senso, è significativo che l’ S&P MIB e il BTP abbiano fatto i massimi quando Berlusconi ha annunciato a sorpresa di essere a favore della fiducia, per poi ripiegare subito dopo, sulla base di quello che gli anglosassoni chiamano un “second thought”, ovvero che, tutto sommato, dal punto di vista della stabilità politica, era meglio un PDL definitivamente spaccato e un Cavaliere all’opposizione.

Perchè in effetti la mossa in extremis di Berlusconi non è altro che un tentativo di ricompattare il partito sposando la tesi delle colombe. Con ciò il Cavaliere spera di mantenere un po’ di potere sull’esecutivo, magari facendo leva su questioni dove le divergenze tra il PD e le colombe del PDL sono più marcate. All’opposizione e senza i numeri, avrebbe perso qualsivoglia potere contrattuale. All’interno della maggioranza, invece, può tentare di ricucire gli strappi, riguadagnare progressivamente il controllo del partito, e con esso un grip sul governo.

Tutto da rifare quindi? Personalmente, ne dubito. Perché il bluff del Cavaliere avesse successo, la marcia indietro in nome della responsabilità doveva avvenire prima. Ormai è a tutti evidente che una larga parte dei suoi non lo segue sul terreno del gioco pesante. Alla prossima occasione di sfiduciare il governo, l’Ex Premier rischia di trovarsi al fianco solo uno sparuto gruppo di falchi. Questo, senza contare l’impatto delle ultime vicende sul consenso elettorale suo e del PDL.

Resto quindi dell’idea che le ultime 48 ore abbiano segnato una svolta in direzione di una maggiore stabilità politica. Se se ne farà buon uso, è un altro paio di maniche. Ma la chance è reale.

Parzialmente coperto dalle vicende politiche italiane, si è svolto oggi il meeting dell’ECB.
Poche le novità:
– I tassi sono stati lasciati invariati e la guidance che li vede “a livelli attuali o inferiori per un periodo esteso” è stata confermata.
– I rischi sullo scenario macro restano “al ribasso” mentre quelli sullo scenario inflattivo sono bilanciati (nonostante il minimo post crisi fatto registrare dalla stima del CPI appena lunedi)
– Pur confermando la particolare attenzione agli sviluppi sui mercati monetari, Draghi non ha dato segnali di imminenza di una nuova LTRO, limitandosi a dire che l’ECB dispone di un ampia gamma di strumenti ed è pronta ad utilizzarli.

Sebbene le modifiche rispetto al precedente statement siano scarsissime, alcuni particolari rendono questa conference meno accomodante delle attese:
– La tranquillità con cui è stato trattato il tema dell’inflazione estremamente bassa nel terso trimestre.
– la ridotta menzione del tasso di cambio dell’€ come fattore di rischio.

Cosi l’€ ha ottenuto supporto, raggiungendo quota 1.36 (massimo da febbraio scorso), e il bund ha perso un po’ di smalto.

Giuseppe Sersale

strategist di Anthilia Capital Partners Sgr



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