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Il match point nelle mani di Enrico Letta

In qualunque Paese al mondo quanto avvenuto tra Palazzo Grazioli e Palazzo Madama in questi giorni potrebbe essere definito come una grande vittoria politica di Enrico Letta, capace di costringere l’avversario di sempre ad una resa tanto drammatica quanto farsesca da determinarne l’inevitabile uscita dal Pantheon dei leader politici in attività consegnandone il nome ai giudizio degli storici che, tra qualche decennio, osserveranno questo convulso periodo della storia repubblicana Italiana.

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In realtà a molti osservatori, sia in patria che oltre frontiera, non sfugge che un Paese in cui, come diceva Flaiano, la linea più breve tra due punti è l’arabesco, difficilmente può essere letto utilizzando le categorie interpretative delle altre nazioni. Quella che ha ottenuto Enrico Letta il 2 ottobre più che una vittoria è un match point.

Le due vittorie di Letta

Certo il premier esce estremamente rafforzato dal confronto con Silvio Berlusconi. Rafforzato sia all’interno del suo partito essendo riuscito da un lato ad ottenere, umiliando il Cavaliere, quello che vent’anni di gioiose macchine da guerra, smacchiatori ed asfaltatori avevano finora solo sognato e dall’altro a costringere il principale avversario interno, vale a dire Matteo Renzi, a un ruolo di secondo piano che rischia di vanificarne, perlomeno nel breve termine, ogni ambizione di candidatura a premier in future tornate elettorali, sia nei confronti del Pdl trascinato sul punto di una storica scissione che determinerebbe una rivoluzione copernicana degli equilibri del centro destra.

Mai il governo ha goduto di un sostegno così ampio da parte del Parlamento come quello che si è garantito nelle prossime settimane, paragonabile solo a quello che il governo Monti ebbe nella prima fase della propria vita quando, assurto a salvatore della patria, si trovò a detenere un potere contrattuale nei confronti delle Camere tale da potere imporre qualunque riforma senza doversi preoccupare del costo in termini di consenso elettorale.

Adesso Enrico Letta non deve commettere lo stesso errore che commise Mario Monti, primo di una serie di errate valutazioni politiche che hanno avuto come conseguenza la marginalizzazione politica dell’ex rettore della Bocconi e del suo partito dai veri giochi di potere dei Palazzi romani, vale a dire non approfittare della sostanziale inattaccabilità parlamentare nei prossimi 1/2 mesi per imprimere una forte svolta riformista alla propria azione governativa.

È il momento di avviare le riforme

Il discorso di Letta al Senato non è stato privo di forti contenuti riformisti e liberali finalizzati ad affrontare i nodi alla base della perdita di competitività del nostro Paese nel corso degli ultimi decenni, dal cuneo fiscale, al costo dell’energia per le imprese, dalla certezza dei diritti di imprenditori ed investitori alla spesa pubblica improduttiva. Ora queste parole dovranno essere seguite da ambiziose riforme senza preoccupazioni derivanti dalle resistenze che sicuramente proverranno da quei settori della vita istituzionale italiana che in questi anni hanno saputo da quei nodi trarre posizioni di potere e privilegio. Il Parlamento a sua volta non potrà non sostenere una svolta riformista da parte del Governo. In caso contrario Letta potrà addossare su chi si opporrà alle riforme la responsabilità di anteporre interessi di parte a quello generale del Paese, per avviarsi a probabilmente trionfare nel corso delle elezioni che ne seguirebbero.

Se, per contro, Letta non approfittasse di questa fase di straordinario potere contrattuale nei confronti delle Camere, potrebbe resuscitare il Cavaliere, belva ferita ma non uccisa, per il quale (citando le sue parole nel corso dell’intervento al Senato) l’assenza di quella svolta in materia di “riforme strutturali e istituzionali di cui il Paese ha bisogno per modernizzarsi” farebbe cadere il presupposto per il voto di fiducia concesso “non senza interno travaglio”.

Ogni tennista sa che la differenze tra un buon giocatore e un campione sta nel braccino che, talvolta, non consente di approfittare delle occasioni che occorrono nel corso del match.

Letta ha un match point, stia attento a non sprecarlo.

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