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Vi spiego perché Wall Street non si fa impressionare dallo Shutdown

In barba a un consenso che dapprima lo riteneva improbabile e successivamente lo vedeva durare 12-24 ore, lo shutdown governativo US entra nella sua seconda settimana di vita, senza che si intraveda chiaramente un ipotesi di accordo. Vi sono stati alcuni segnali di un indebolimento del fronte Repubblicano, ma ad oggi il leader Boehner continua ad escludere un accordo che non preveda concessioni, mentre i Democratici e il Presidente Obama rifiutano ogni negoziazione condotta sotto la minaccia di un default.

Abbandonato il tentativo di rinviare la riforma sanitaria, i Repubblicani puntano ora a concessioni in termini di budget e tagli alla spesa, portando il dibattito su un terreno più ostico per i Democratici e il Presidente Obama, dal momento che il 55% degli americani ritiene che il debt ceiling dovrebbe essere alzato, ma contestualmente al varo di tagli alla spesa pubblica.
E’ sempre presente la possibilità di un accordo di breve, che rinvii la questione di un paio di mesi (vedi Lampi di ieri). Ma ovviamente il sollievo offerto da un accordo del genere sarebbe davvero effimero, riproponendo nel volgere di qualche settimana lo scenario di settembre scorso.

Una volta compreso che non ci sarebbero stati annunci, ieri sera Wall Street ha annullato il recupero favorito dalle news di NBC, chiudendo sui minimi. La seduta asiatica ha pero mostrato una sostanziale tenuta, guidata da Shanghai, che riapriva oggi dopo una settimana di vacanza. Tra i driver della performance, apparentemente le iniezioni di liquidità operate dalla PBOC. Al sentiment nell’area ha apparentemente contribuito la business confidence australiana ai massimi da 3 anni.

CONSIDERAZIONI PERSONALI

– Pur con il ribasso delle ultime ore, Wall Street continua, all’ottavo giorno di shutdown e a 10 giorni dalla deadline indicata dal tesoro, ad avere un comportamento composto. Il motivo è noto: gli investitori non scaricano i portafogli per timore di perdere il rally che certamente seguirebbe uno sblocco improvviso della trattativa. Ironicamente, la tranquillità dei mercati disincentiva le parti a raggiungere un accordo, il che spiega come mai questa situazione si sta protraendo oltre ogni previsione della vigilia.

– In realtà, lontano dai riflettori, che sono naturalmente puntati sull’azionario, altri indici segnalano una tensione crescente: Il credit defaut swap del Tesoro US a 1 anno (ovvero il costo, in basis points, per assicurarsi contro un default dello stato US entro 12 mesi) è quadruplicato nelle ultime 2 settimane, passando da 12-13 bps a 60 (nel grafico si nota anche la fiammata nell occasione analoga del 2011).

Parimenti, il VIX (l’indice che misura la volatilità implicita nelle opzioni sui titoli dell’S&P 500) è tornato sopra 20 per la prima volta da giugno, e i rendimenti dei TBill US e i tassi monetari sono saliti significativamente, pur restando su livelli bassissimi storicamente. L’odierna asta dei Tbill a 4 settimane ha visto il rendimento passare a 0.35% dal precedente 0.12%.

Alcuni di questi indicatori riflettono l’attività di Hedging . In altre parole gli investitori si coprono i rischi in portafoglio comprando attività che in caso di un serio incidente “esplodano” al rialzo, come la protezione sullo stato US o le put sull’azionario (il cui incremento di prezzo viene riflesso nel Vix).
L’attività di hedging è però un arma a doppio taglio. Da un lato ha un effetto positivo, nel senso che una popolazione di investitori che ha in piedi degli hedge è meno propensa a farsi prendere dal panico. Dall’altro, nel caso questo panico arrivi, il complesso delle operazioni di hedge funge da acceleratore del movimento, costringendo i fornitori di queste strutture a significative liquidazioni per neutralizzare l’impatto sui book.
Si tratta quindi di indicatori da sorvegliare attentamente.

– Tornando al circolo vizioso tra mercati e politica (i primi non panicano, la seconda non si muove), l’impressione personale è che se non avremo sviluppi nei prossimi giorni, la calma abbandonerà progressivamente il mercato.
In primis, in passato è quasi regolarmente successo (in varia misura). In secondo luogo, pur in maniera composta, il mercato sta scendendo, almeno in US. Presto o tardi una parte degli investitori si stancherà di questo stillicidio di performance e del crescente rischio di un serio incidente, e ridurrà le posizioni, dando il via ad un accelerazione.

Giuseppe Sersale
strategist di Anthilia Capital Partners Sgr


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