Il ruolo dei sondaggisti, dopo le elezioni del febbraio 2013 è stato messo in discussione. L’accusa è stata di non aver “previsto” il successo del M5S. Così, in occasione di un incontro con il professor Renato Mannheimer, presso la sede ISPO, ho potuto fare alcune domande. Ho iniziato chiedendo di spiegarci il ruolo del sondaggio politico:
“un sondaggio è una sorta di fotografia sfocata. Il sondaggio fa una fotografia più accurata che può delle opinioni in un certo momento. Non prevede il futuro, nessun sondaggio prevede il futuro. In queste ultime elezioni. Un intervistato sulle intenzioni di voto, fatte un mese prima, rispose alla richiesta “cosa voterà?” E disse all’intervistatore: “e lei cosa andrà a vedere al cinema tra un mese?” L’intervistatore disse: “bhé io entro un mese non lo so, decido sul momento con mia moglie”. E l’intervistato disse: “ecco, anche io decido così per il voto, decido sul momento. Adesso non lo so”. Molti decidono in fondo. Il 35% della popolazione ha dichiarato di aver deciso l’ultima settimana. Tutti i sondaggi fatti prima dell’ultima settimana, non potevano prevedere qualche cosa che uno non aveva ancora deciso”.
Questo strumento ha la sua utilità, spiega Mannheimer, ma i tempi sono anche difficili, l’elettorato è cambiato, è meno omogeneo e meno prevedibile:
“la capacità previsiva dei sondaggi in campo elettorale è minima. Oggi l’elettorato non è più inscatolato, e si muove. Si muove così tanto che oggi i sondaggi non riescono a coglierlo“.
Per Mannheimer, inoltre, il sondaggio è uno strumento di “marketing politico”, non di previsione degli esiti elettorali:
“i sondaggi, ha detto qualcuno, sono fatti per essere smentiti dai risultati I sondaggi sono strumenti per il marketing politico, non prevedono il futuro. Ma, per altre cose, per esempio per i consumi, i sondaggi prevedono benissimo perché la gente sa cosa consuma e non cambia idea all’ultimo minuto. C’è anche una questione di reticenza. Molti nei sondaggi politici dicono le bugie, chissà perché! In questo momento, quando noi chiediamo il comportamento di voto passato, cioè dello scorso febbraio, la quantità di elettori che dicono di aver votato il PDL è inferiore a quelli che ha avuto. Cioè qualcuno si vergogna di averlo votato”.
Sul caso del M5S poi, questo è molto evidente. Sia perché le persone hanno deciso all’ultimo minuto:
“Negli ultimi giorni prima delle elezioni, proprio in quegli ultimi giorni, per esempio sono venuti molti voti per il M5S. Noi avevamo registrato l’incremento del M5S. Era partito circa tre settimane prima del voto, dal 16 poi al 18, poi al 20% ad una settimana prima dal voto. Poi ha preso il 25% e quel 5% ha deciso all’ultimo momento“.
Sia perché l’elettorato del M5S non è collocato nella tradizionale dicotomia “destra-sinistra”.
“Un tempo c’erano le ideologie. Come dicevo l’elettore dava il voto più che per scelta, per appartenenza o per testimonianza. Uno votava comunista o democristiano perché si sentiva comunista o democristiano. Il voto non era una scelta, ma una riaffermazione della propria identità. Oggi non è più così, non ci sono più le identità politiche. Destra-sinistra ha perso il suo appeal, circa il 30%, quindi grosso modo un elettore su tre, alla domanda se è di destra o di sinistra si rifiuta di collocarsi. Poi vota lo stesso, però si rifiuta di collocarsi. Ma nel restate 70% funziona ancora, ha però cambiato significato. Tra quelli che si collocano tra destra-sinistra, cioè il 70% della popolazione, gli spostamenti ci sono, ma sono minimi. Ma rimane un 30% che non si colloca, che si sposta. Ricordiamoci che tra questo 30% tra gli elettori del M5S diventa il 50%. Cioè 1 elettore su due non si auto-colloca, non si dice né di destra né di sinistra. Quindi si può spostare tranquillamente da una parte all’altra”
Sulla condizione generale italiana, poi, Mannheimer individua alcuni elementi critici: la debolezza del Governo , come suggerito da Alberoni in un nostro precedente dialogo, e la burocrazia.
“Proprio ieri è stata approvata la Legge di Stabilità, una legge molto importante nel nostro ordinamento. Uno la può criticare o approvare, ma la cosa più grave è che, la legge di stabilità andrà in Parlamento e tutte le cose che voleva il governo saranno o snaturate oppure cambiate. Dopodiché bisognerà applicarla e si frenerà con i freni della burocrazia. L’incapacità decisionale del governo è un fatto importante da sottolineare, devo dire che c’è anche una critica da fare alle persone. Insomma, se questi si mettevano d’accordo bene, le facevano. Lei viene dalla Germania, lì adesso faranno il governo di coalizione, scrivono su un foglio un certo numero di cose che intendono fare, dopodiché le fanno! La cosa incredibile è che le fanno! Cioè loro scrivono molto dettagliatamente quello che vogliono fare e poi le fanno! Semplicemente, le fanno! Anche il Parlamento obbedisce. Dai noi non c’è tutto questo. Ci sono generiche e variabili petizioni di buona volontà, per cui occorre intervenire sul cuneo del lavoro, occorre intervenire su cose molto generali, ma dopo non si fa niente”
E tale situazione è dovuta all’assenza di una certa mentalità:
“Io penso che manchi una mentalità d’azione. Nel senso che è un po’ nella nostra tradizione, anche nella cultura giuridica, il parlare senza poi agire. Credo che manchi un senso dello Stato, credo che abbia anche più popolarità la ripetizione del principio senza poi una sorta di azione. Cosa che non c’è nelle imprese, lì pensano e poi fanno. Ecco, c’è anche questa differenza, la lontananza di molti politici dal mondo dell’economia che pesa. Forse la non esperienza economica di molti uomini politici pesa su questo”
Non è mancata una domanda su Matteo Renzi e sulla sua “scalata al potere”. Ho chiesto al prof. Mannheimer una sua opinione sulla figura politica di Renzi e sulla sua “strategia ambivalente” di comunicazione.
“Renzi ha dimostrato grandi capacità comunicative. È l’unico leader attuale che può essere paragonato a Berlusconi, che è stato il mago delle capacità comunicative, delle cose semplici, cercando di convincere e convincendo gli elettori su quelle cose, semplici, su slogan semplici. Se poi le abbia realizzate o meno, è un altro discorso. Renzi fa anche lui così, ha un grande appeal. Ma non sarà facile mantenere questa sua doppia identità altalenante. Negli ultimi giorni mi sembra più orientato a conquistare l’elettorato del PD, di cui vuole diventare segretario, piuttosto che a conquistare l’elettorato tra gli indecisi. Ma è sicuramente in grado di fare entrambe le cose”
E poi un’opinione sul PD:
“Certo, lui ha tutto questo consenso nel PD anche perché rappresenta agli occhi degli elettori l’unica occasione per vincere. Il PD ha sempre perso, è frustrante. La sola idea di avere qualcuno che ti fa vincere, anche se non sei d’accordo totalmente con lui, bhe lo voti, così vinci. Gli appartenenti vogliono vincere, una volta. Non è detto che vincerà, ma molto del suo appeal deriva anche da questo. Ora dovrà riempire di contenuti non è una strada facile. Grandi successi possono portare anche a grandi delusioni. Lo abbiamo visto con Grillo che ha detto molte cose facili, appetibili, ma adesso, in parte, ha deluso”.
La situazione politica e sociale è confusa, di difficile interpretazione. Un’ultima domanda che ho posto al prof. Mannheimer è stata sul progetto “Stati Uniti d’Europa“, sul senso e l’utilità di una vera Europa unita.
“Secondo me è un fatto molto positivo. Specialmente in un periodo in cui la competizione economica è diventata mondiale. La cosiddetta globalizzazione. Un singolo stato fa difficoltà a competere anche dal punto di vista economico-finanziario. È una cosa assolutamente da fare. Purtroppo l’Europa comporta all’Italia certe regole, come Lei sa noi siamo stati il popolo più europeista di tutti, all’inizio, perché pensavamo che insomma forse ci conveniva. Adesso l’Europa ha consenso in meno della metà della popolazione, perché da quando ha iniziato a chiederci del rigore non ci va più tanto bene. Quello che io vedo quindi è un’idea dacondividere, è una cosa necessaria anche per il nostro Paese. Vedo grandi difficoltà per il nostro Paese data la sua mentalità ad aderire a queste regole. Per i tedeschi è più facile, hanno già una testa più rigorosa, non è detto che sia meglio o più divertente, ma ce l’hanno più rigorosa. Noi ce la siamo sempre cavata alle volte anche meglio della Germania economicamente, però un pochino arraffando, ma ce la siamo sempre cavata. Questa capacità di adattarsi a delle regole, per noi è più difficile”
Ringrazio il prof.Mannheimer per il tempo dedicato e per l’autorizzazione concessa per la pubblicazione di questo materiale.