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La rivoluzione dolce di Mucchetti su Telecom, Mediobanca e Generali

Aria nuova nella finanza e nel capitalismo italiano?

No, non stiamo parlando delle (ennesime) critiche rivolte da Diego Della Valle a John Elkann e a Giovanni Bazoli per la gestione Rcs.

Stiamo parlando invece degli effetti (potenziali) che potrebbe avere la mozione bipartisan approvata in Commissione Industria del Senato su impulso del senatore Pd, Massimo Mucchetti, già firma dell’Espresso e poi del Corriere della Sera.

La mozione impegna il governo (campa cavallo?) a modificare la legge Draghi sull’Opa (Offerta pubblica di acquisto). La norma al momento prevede che l’azionista che supera il 30 per cento di una società quotata deve lanciare un’Opa sulle restanti azioni. Ma chi ha davvero interesse a superare quel tetto se è poi costretto a lanciare una (onerosa) Opa? Domanda retorica.

Così l’offensiva della spagnola Telefonica su Telecom Italia ha indotto la commissione Industria del Senato, su impulso di Mucchetti che maneggia da anni queste materie, ad approvare una mozione bipartisan in cui si propone una norma alla spagnola: nessun tetto percentuale per stabilire il controllo di una società quotata ma solo il controllo di fatto. E chi stabilisce se e quando c’è il controllo di fatto? La Consob, è la risposta di Mucchetti.

Ricapitoliamo: se il governo dovesse approvare (come?, quando?) la posizione mucchettiana, la Consob dovrebbe scattare una fotografia degli assetti azionari delle società quotate in Piazza Affari e stabilire dove c’è il controllo di fatto. Dal momento in cui sarà scattata la fotografia, ogni successivo movimento azionario ostile o non ostile, comunque foriero di un controllo di fatto, farà scattare l’obbligo di Opa.

Come si può vedere, se l’obiettivo di Mucchetti e dei mucchettiani è quello di rendere più ardua (o meglio, onerosa) la corrida di Telefonica in Telecom Italia (e non è escluso, come scritto prima dal Messaggero e poi dal Corriere, che queste eventuali modifiche normative inducano gli spagnoli a fare una retromarcia visti i patti d’acquisto delle azioni con i soci Mediobanca, Generali e Intesa), gli effetti non sarebbero limitati solo all’ex monopolista telefonico.

Gli addetti ai lavori puntano l’attenzione sulla filiera Unicredit-Mediobanca-Generali. Già l’istituto di Piazzetta Cuccia ha dichiarato l’intenzione di ridurre le quote in possesso di Generali. Ma che cosa succederebbe – ad esempio – se i francesi in Mediobanca volessero acquistare da soci italiani una certa quota del capitale della banca d’affari milanese capitanata dall’ad, Alberto Nagel? Dopo la fotografia scattata dalla Consob presieduta da Giuseppe Vegas, l’eventuale manovra dei francesi dovrebbe sottostare all’obbligo di una bella, e sonante, Opa.

Protezionismo, protestano già i turbo liberisti. Forse sì e forse no. Di sicuro – rispondono liberali pragmatici e mucchettiani – la tutela dei piccoli azionisti non sarebbe scritta solo in Costituzione.

Il dibattito è aperto. Ma oltre le parole, e le mozioni, servono i fatti. E le norme.



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