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La panzana di Grillo sull’impeachment di Napolitano

L’hashtag è stato lanciato. Nell’attacco ormai quotidiano che Beppe Grillo e il suo movimento riservano al presidente Napolitano, ora ad andare di moda è la parola “impeachment”.

Il leader del M5S l’ha evocato anche ieri, motivandolo con la riunione avvenuta al Quirinale tra i rappresentanti della maggioranza sulla legge elettorale, “escludendo i 9 milioni di persone” che il M5S rappresenta. Sostanzialmente “una panzana”, per usare il termine utilizzato recentemente proprio dal capo dello Stato, come dimostra la spiegazione data a Formiche.net da Vincenzo Lippolis, professore di Diritto comparato all’Università degli studi internazionali di Roma e membro della commissione di “saggi” sulle riforme del governo Letta.

A partire dal termine. L’“impeachment” è un istituto del diritto medievale anglosassone ed è stato poi previsto e disciplinato negli Stati Uniti per mettere in stato d’accusa i presidenti. Quella utilizzata da Grillo è quindi un’espressione giornalistica ma impropria. Nel nostro ordinamento, la messa in stato di accusa del capo dello Stato è disciplinato dall’articolo 90 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”.

L’infondatezza delle parole di Grillo
Le due fattispecie di reato non sono definite dalla Carta ed è per questo che nel corso degli anni ci sono state delle diatribe tra giuristi per farlo. Certo è che l’attentato alla Costituzione è inteso come comportamento che mina alla base uno dei valori fondanti dell’ordinamento, un fatto quindi gravissimo. Grillo invece in questo momento lo tira in ballo per un colloquio del capo dello Stato con forze politiche, e per di più, su un tema delicato come quello della riforma elettorale. Per questo, commenta Lippolis, “trovo destituito di ogni fondamento parlare di attentato alla Costituzione per un fatto che rientra nei doveri del presidente della Repubblica. Il capo dello Stato deve tenersi sempre aggiornato sulla situazione politica”.

Il procedimento
In ogni caso Grillo, come ogni cittadino italiano, può indirizzare la sua denuncia al comitato parlamentare ad hoc che la vaglierà e in caso la ritenga fondata, farà delle indagini e potrà presentare una relazione al Parlamento che in seduta comune voterà sulla messa in stato di accusa del presidente. Ma questo non è che il primo passo. Poi sarà la Corte costituzionale integrata con 16 giudici popolari ad avere la decisione finale. Nella storia della repubblica, si è giunti in un solo caso alla richiesta di messa in stato d’accusa, nel dicembre 1991 contro il presidente Cossiga. Il caso si chiuse con la dichiarazione di manifesta infondatezza delle accuse da parte del comitato parlamentare.

 



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