Il duo Gnocchi e Palmaro continua a far discutere e a creare dibattito. La questione è sempre la stessa: si può criticare il Papa, Sommo Pontefice della Chiesa cattolica, senza passare per eretici? I due epurati da Radio Maria sostengono di sì. Ragionano in punta di dottrina, si professano fedeli al Verbo divino e al Magistero. Ma qualcosa, in opere e parole del Papa gesuita argentino, non piace.
A bacchettarli, bonariamente e cristianamente, è arrivato sul Foglio Antonio Socci. “Mi spiace per Gnocchi e Palmaro – scrive lo scrittore e firma anche del quotidiano Libero – ma un cattolico non può irridere il Papa o accusarlo di eresia con la leggerezza di un articolato di giornale. Certo, la chiesa non è una caserma e si può dire tutto, ma con rispetto e responsabilità. Magari anche con dolore”, chiosa Socci. Il rischio è uno e neanche tanto di poco conto, prosegue il giornalista cattolico: “Trasformando la propria opinione nel magistero supremo si rischia di mettersi da soli fuori dalla chiesa (non solo fuori da Radio Maria)”.
Il punto che tanto clamore e rumore ha suscitato è l’omelia della scorsa settimana in cui Francesco ha tuonato contro il cristiano che trasforma la fede in ideologia. Socci pensa che “si tratti anzitutto di una messa in guardia da una certa mentalità lefebvriana, la quale sostituisce il Vangelo con il Denzinger”. Sbagliano, Gnocchi e Palmaro, a sminuire il valore ortodosso di quanto professa Francesco: “Non significa affatto che il Papa insegni una fede che fa a meno dell’ortodossia. Lo dimostra il suo magistero”. E se è così, chiarisce, “Non si può liquidare spensieratamente il tema della dottrina come sembra fare l’editoriale di Avvenire di venerdì scorso” firmato da Stefania Falasca, “presentata come esegeta del Papa”.
E’ lei, la neoeditorialista del quotidiano della Cei, a finire nel mirino di Socci, che la conosce bene per essere stata redattrice di 30 Giorni quando la rivista era diretta proprio dall’autore del lungo articolo pubblicato sul Foglio. Falasca – che rampognava Gnocchi e Palmaro senza citarli – “con un’impropria citazione di De Lubac squalifica come specialisti del Logos coloro che si richiamano all’ortodossia dottrinale, contrapponendo a essi una generica tenerezza, come se Gesù Cristo, che è la misericordia fatta carne, non avesse affermato la sua pretesa divina davanti al mondo”, dice Socci. Il risultato è che Avvenire, tentando di difendere parole e opere del Papa gesuita, finisce per contrapporre tenerezza e dottrina. Cosa che nulla ha a che fare con il magistero di Francesco. Ma non solo con quello di Bergoglio, precisa Socci, ma anche a quello “costante della chiesa e dei papi”.