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Cina, perché il plenum del Partito comunista può segnare una svolta

Per capire se i risultati saranno pari alle aspettative suscitate dal terzo plenum del diciottesimo Comitato centrale del Partito comunista cinese che si aprirà sabato, bisognerà attenderne la conclusione.

Le premesse fanno presagire “cambiamenti senza precedenti”, come preannunciato la scorsa settimana da Yu Zhengsheng, numero quattro della nomenclatura cinese.

Nel fine settimana, in occasione di un incontro del 21st Century Council, sono stati il presidente Xi Jinping e il premier Li Keqiang a parlare di uno sforzo per continuare sulla strada delle riforme e delle aperture. Il capo di Stato, citato dal governativo Global Times, ha parlato di fiducia in una crescita “sostenibile e sana”, senza che il Paese cada nella trappola del reddito-medio, ossia il rischio di stagnazione quando le entrate pro-capite raggiungono un livello medio.

Dal canto suo il primo ministro Li ha rimarcato la necessità di trasformare il modello di crescita cinese, in modo che lo sviluppo resti una priorità e al tempo stesso siano tutelate le condizioni di vita della popolazione.
Una delle parole d’ordine sembra essere più qualità meno quantità, almeno così sono spesso interpretate le dichiarazioni della leadership su una crescita più lenta rispetto ai ritmi cui il Paese aveva abituato.

Come sottolineato sabato a Roma in un incontro nell’ambito del salone dell’editoria sociale tra Marina Miranda, professoressa di storia della Cina contemporanea all’università La Sapienza, e la giornalista Angela Pascucci, quando si parla di riforme occorre ricordare che quelle politiche non sono, e non saranno, nel pacchetto previsto.

Sempre la scorsa settimana il Centro per la ricerca e lo sviluppo del Consiglio di Stato (ossia dell’organismo che rappresenta l’esecutivo) ha enunciato quelli che nel modo di spiegare della leadership sono i 3-8-3. Vale a dire, come ricorda il Financial Times, i tre concetti chiave, le otto aree di riforma, e le tre riforme combinate. A grandi linee i temi affrontati saranno le riforme della terra e del welfare e la gestione delle grandi aziende di Stato. Quest’ultimo è il nodo più complicato, perché va a intaccare i legami tra politica, ai più alti livelli, ed economia. Anche per questo la campagna anti-corruzione lanciata dal presidente Xi è vista da molti come un modo per scardinare questo sistema.

Gli otto ambiti su cui operare sono invece stati individuati nelle questioni industriali, nella gestione delle terre, della finanza, delle amministrazioni locali, dei beni statali, del fisco, dell’innovazione e tutto quanto riguarda il capitolo dell’economia verde.
Ad aumentare le aspettative sull’appuntamento del fine settimana sono i ricorsi storici. Già altre volte nella storia del Pcc, il terzo plenum ha portato a snodi delle vicende cinesi. Il più noto e citato fu quello dell’undicesimo comitato centrale nel 1978, che segnò la vittoria di Deng Xiaoping e l’apertura della Cina. Il plenum prossimo potrebbe concretizzarsi con un’ulteriore spinta delle riforme come già avvenne negli anni Novanta. Non a caso tra gli architetti del piano “senza precedenti” è ricordato Li Wei, già segretario dell’allora premier Zhu Rongji.


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