Con il suo ultimo “Un saggio di “Verità” sull’Europa e sull’euro – 1.1.1999 il Colpo di Stato”, il professor Giuseppe Guarino, continua e completa la sua rigorosa riflessione che da anni va sviluppando sul caso dell’euro e dell’Unione europea.
Tranne lui, il professor Paolo Savona e il nostro responsabile del settore economia e finanza, Nino Galloni, sono rari gli studiosi e commentatori specializzati che hanno affrontato questi temi con la necessaria autonomia, competenza e capacità di giudizio critico. Ancor meno lo sono stati i politici che si sono avventurati su tali temi, al di là di approcci meramente strumentali ed elettoralistici.
Consegnato alla stampa il 21 ottobre scorso ho avuto il privilegio di riceverne copia dall’illustre professore quasi in tempo reale, anche per averne discusso a suo tempo con lui in un non dimenticato convegno a Treviso alcuni anni or sono.
La tesi sostenuta, risultato di un’analisi approfondita dei documenti e delle scelte operate in questi anni in sede europea, è che, con il regolamento n.1466/97 fatto adottare in maniera quasi di soppiatto e/o truffaldina ai rappresentanti dei Paesi dell’Unione, si è di fatto violato il TUE (il Trattato sull’Unione Europea di Maastricht) dando vita a un “falso euro” del tutto distinto e distante da quello indicato nell’unica decisione formale condivisa dagli Stati che approvarono il TUE.
Guarino afferma e dimostra, con dovizia di argomentazioni giuridiche ed economico- finanziarie che cito testualmente, quanto segue:
a) Il lancio dell’euro, moneta comune degli undici Paesi ammessi con il primo scrutinio, avrebbe dovuto avere luogo il 1.1.1999. A quella data si sarebbe applicata la disciplina “a regime”, quella degli artt. 102 A, 103 e 104 c) TUE.
b) Il 1.1.1999 il lancio dell’euro, la moneta disciplinata dal TUE, non avvenne. La moneta regolata dal TUE, per la quale il governo tedesco si era fortemente battuto ed alla cui adozione aveva condizionato la propria adesione, non è mai nata.
c) In data 1.1.1999, con il nome di euro, generando così la fallace impressione che si trattasse della moneta creata e disciplinata dal TUE, fu lanciata con immissione nei mercati quale moneta comune avente valore legale degli Stati senza deroga, una moneta soggetta ad una disciplina diversa.
d) La disciplina della moneta immessa nei mercati il 1.1.1999 era contenuta in un “regolamento” (n. 1466/97), adottato con il procedimento disciplinato dagli artt. 103, n. 5 e 189 c) del TUE. Il procedimento non conferiva alcuna autorità a modificare il Trattato ed aveva un oggetto del tutto diverso. Il reg. 1466/97 nello stesso momento in cui si avvaleva dell’art. 103 TUE, in realtà lo violava, utilizzandolo per un oggetto e finalità diverse.
e) La disciplina del regolamento 1466/97 è non tanto diversa, quanto opposta rispetto a quella degli artt. 102 A, 103, 104 c) TUE. Sostituisce un “obiettivo”, quello della “crescita” avente le caratteristiche e rispondente alle finalità di cui all’art. 2 TUE, con un “risultato”, il pareggio del bilancio da conseguirsi a medio termine con l’osservanza di uno specifico percorso.
f) La modifica introdotta dal reg. 1466/97 rispetto al TUE (Maastricht), sul piano formale, è consistita nella abrogazione di un diritto-potere, quello degli Stati di concorrere alla crescita con la propria “politica economica”, concorrendo così anche alla crescita dell’Unione, sostituendola con un obbligo/obbligo, gravante sugli Stati, avente come contenuto il pareggio del bilancio a medio termine, da conseguirsi nel rispetto di un programma predeterminato. Gli elaboratori delle norme non si sono resi conto delle conseguenze che sarebbero derivate dall’aver messo a base del sistema, un “obbligo” al posto di un “potere”.
g) Cancellando l’obiettivo della crescita, il reg. 1466/97 ha in realtà cancellato ogni attività politica nel sistema.
E, fatto ancor più grave, Guarino evidenzia come: “cancellando la capacità degli Stati membri senza deroga di compiere scelte autonome di politica economica finalizzata alla crescita, si è preclusa ai loro cittadini qualsiasi possibilità di influenzare le decisioni di politica economica, ai cui effetti vengono assoggettati. La democrazia è principio fondante dell’UE. Nessuno Stato può esservi ammesso se il suo ordinamento non sia conforme al principio democratico. La democrazia, presupposta la titolarità di un sistema completo di diritti di libertà e di una adeguata protezione sociale, consiste nel potere dei cittadini di influire con il voto, in modo diretto o indiretto, sulle decisioni di governo cui andranno soggetti. Alle materie economica e della moneta, nello stato attuale dei rapporti, va attribuito valore “prioritario”. Il reg. 1466/97, nell’intero ambito della politica economica e della gestione della moneta, ha soppresso il regime democratico.
E così prosegue:
a) I Trattati di Amsterdam (artt. 98, 99, 104) e di Lisbona (art. 120, 121 e 126) hanno riprodotto testualmente gli artt. 102 A, 103, 104 c) del TUE. Sono rimasti a loro volta inapplicati. Al loro posto hanno avuto applicazione i regolamenti n. 1055/2005 e n. 1175/2011 e da ultimo il Fiscal Compact, tutti concepiti nel solco disegnato dal reg. 1466/97, aggravandone nello stesso tempo le rigidità.
b) L’Unione è responsabile verso gli Stati dei danni ad essi provocati dalla applicazione del reg. 1466/97 e da qualsiasi atto attuativo dello stesso. I titolari degli organi dell’Unione ed i funzionari che hanno concorso ad adottarli e/o ad applicarli, o che, avendone il compito, non ne hanno impedito l’applicazione, sono responsabili verso l’Unione. La loro responsabilità può essere fatta valere direttamente anche dagli Stati e dai loro cittadini, singoli o associati.
c) Quanto affermato per gli organi ed i loro titolari o dipendenti dell’UE, vale ad autonomo titolo per i titolari di organi costituzionali e/o amministrativi dei singoli Stati, che abbiano concorso alla adozione del reg. 1466/97 e/o di atti successivi che parimenti hanno provocato l’abrogazione e/o la disapplicazione dei poteri degli Stati di cui agli artt. 102 A, 103, 104 c) ed altri del TUE e di quelli corrispondenti dei Trattati successivi, o che abbiano partecipato alla adozione di atti che del regolamento e degli atti ad esso conformi, costituiscono esecuzione ed applicazione.
d) Le magistrature costituzionali od ordinarie di ciascun Paese faranno valere le responsabilità di cui al punto antecedente, ricadenti nella loro giurisdizione.
e) Il reg. 1466/97 avendo modificato/violato il TUE in carenza di potere [la procedura degli artt. 103, n. 5 e 189 c) TUE] e lo stesso vale per le norme dei Trattati di Amsterdam e Lisbona, corrispondenti a quelli citati dal TUE, è da ritenersi affetto non da illegittimità, ma da radicale ed assoluta nullità/inesistenza giuridica. La conclusione si estende anche agli atti applicativi e/o derivati del regolamento. Tutti i titolari degli organi dell’Unione e/o degli Stati membri, che abbiano partecipato alla adozione e/o alla applicazione del regolamento e/o di atti applicativi, sono da ritenersi responsabili per i danni provocati dalla nullità.
f) Si giunge pertanto ad una medesima conclusione sia che si segua la pista della violazione dei principi democratici, sia che ci si basi sulla assoluta carenza di potere, per avere preteso di modificare il TUE (ed i Trattati successivi) senza aver fatto ricorso ad un Trattato, modificativo di quello antecedente.
Ce n’è abbastanza per riaprire a livello politico generale il dibattito, considerando le responsabilità che si assunsero coloro che per l’Italia parteciparono da protagonisti, più o meno consapevoli, a quelle disastrose scelte e avviare azioni di responsabilità inerenti e conseguenti anche verso l’Unione Europea, sino a definire quel piano di uscita che per Guarino, con serie motivazioni di natura strategica, politica, economica e finanziaria individua nel porsi i tre maggiori paesi mediterranei tra il novero degli stati in deroga cui aggiungere la Francia, al fine di “creare una moneta comune e di creare anche un potere politico egualmente comune per gestirla. La moneta circolerebbe nel mercato unico alla stregua di quella degli Stati con deroga.”
Noi dell’associazione “Democrazia Cristiana” lo faremo, senza pregiudizi, nell’annunciata tre giorni di programma a Dicembre, con la quale intendiamo preparare la nostra piattaforma politica per la programmata assemblea federativa del Gennaio 2014, convinti che ancora una volta serve anche all’Italia più Europa, ma diversa da quella sin qui costruita sulla base di atti giuridici illegittimi, anzi, nulli.