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Verdi “liberale” attraverso Shakespeare

L’ 8 novembre inizia a Ravenna – dove, come a Salisburgo, il festival dura tutto l’anno – la trilogia delle opere di Verdi (Macbeth, Otello, Falstaff) tratte da lavori teatrali di Shakespeare. Tre cicli verranno presentati al Teatro Alighieri della città romagnola e due al Teatro Municipale di Piacenza. Una o due delle tre opere andranno nel “circuito toscano”, a Ferrara ed a Savona. In altra sede, ci siamo occupati delle caratteristiche del progetto: unica regia, unico maestro concertatore, un orchestra giovane e solisti giovani. Dopo il primo ciclo, recensiremo i risultati sotto il profilo musicale e drammaturgico.

In questa sede, credo sia importante trattare di un tema poco all’attenzione dei musicologi: la trilogia è uno strumento rivelatore dell’animo “liberale” di Verdi, anche in quanto si articola sull’arco di tutta la sua vita adulta, del 1847 (prima di Macbeth al Teatro alla Pergola a Firenze) al 1893 (prima di Falstaff alla Scala). Alcuni anni fa, in un saggio pubblicato su La Nuova Antologia, ho dimostrato, sulla base dell’epistolario verdiano e delle sue opere musicale, come il compositore (a differenza ad esempio di Wagner in Italia) abbia poco partecipato al movimento di unità nazionale – a cui ha dedicato una sola opera, La Battaglia di Legnano del 1849 commissionatagli dalla breve Repubblica Romana. In altro, sempre su La Nuova Antologia, mi sono soffermato come la paternità fosse tema centrale delle sue preoccupazioni e del suo lavoro. Distante dalla politica politicante del Risorgimento (per quanto svogliato Senatore del Regno), preso da problemi molto personali, Verdi, pur fedele suddito (di volta in volta) di Maria Luigia di Parma e Piacenza, del governatore del Lombardo Veneto e del Regno d’Italia, aveva forti sentimenti liberali.

Il rapporto con Shakespeare è rivelatore. E’ noto che, per quanto di limitata istruzione formale (a ragione delle povere condizioni della sua famiglia), Verdi avesse sempre le opere di Shakespeare (in traduzione) a portata di mano e che uno dei suoi desideri non soddisfatti fosse la messa in musica di Re Lear.

Cerchiamo di situarci nell’Italia dell’epoca. Il saggio di Leonardo Bragaglia Shakespeare in Italia – Personaggi ed interpreti Fortuna scenica del teatro di Shakespeare in Italia 1792 – 2005 prova che il bardo di Stratford-upon .Avon si affermò nei teatri italiani solamente a fine Ottocento. In primo luogo, in Italia il teatro era principalmente musicale; la prosa era in gran parte dialettale o comica anche se tragedie come quelle di Vittorio Alfieri avevano un loro pubblico tra i ceti colti’. In secondo luogo, in Italia on c’era un Edmund Kean che fece la fortuna sulle scene inglesi all’inizio dell’Ottocento od un Frederick Lemaitre che più meno nello stesso periodo ebbe esiti analoghi i Francia. In terzo luogo, le tragedie di Shakespeare avevano tutti gli ingredienti per non piacere affatto alle censure di gran parte degli Stati e statarelli della Penisola: regicidi, adulteri, tradimenti, postriboli, sangue a iosa. E, soprattutto, il forte spirito liberale che si respirava nella Gran Bretagna elisabettiana dove si permetteva al giovane Marlowe di mettere in scena lavori di chiaro contenuto omosessuale.

Un saggio recente di Philip Gosset dell’Università di Chicago (a lungo nel “direttorio” del Rossini Opera Festival) sottolinea come Verdi seppe comprendere Shakespeare meglio, ad esempio, di Gounod e di Thomas ma non sottolinea che i due compositori francesi avevano il Secondo Impero nel loro DNA, mentre Verdi si era accostato al liberismo degli ‘illuministi settentrionali’ ed anche per questo motiva era anti-clericale ed anti-politico.

In Macbeth i personaggi di Malcolm e Macduff sono liberali nella lotta contro l’usurpatore e per il ripristino delle regole. Lo stesso Macbeth è un ‘liberale’ all’incontrario, portato ai delitti dalla moglie e dalle streghe che fanno perno sulla brama di potere, appare apprezzato (in quanto rispettose delle regole del Regno di Scozia) dai propri sudditi.

In Otello il dramma è imperniato sulla discriminazione nei confronti del “moro” (come ne La Forza del Destino su quella contro il ‘meticcio’ Alvaro). Un eroe liberale – quello dell’Esultate! per avere sconfitto l’avversario – viene roso, e distrutto, dal mondo illiberale che lo contorna.

Falstaff è una riflessione liberale sull’esistenza di un ottantenne il quale conclude che Tutto il mondo è una burla! Ora corriamo a Ravenna a verificare se la regista ha posto l’accento su questo tratto.


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