Rinfreschiamoci le idee con un po’ di fatti.
C’è un obbligo da parte di regioni ed enti locali di pubblicare su quotidiani di carta gli avvisi di bandi, gare, concorsi ecc.
C’è una legge che da anni punta a ridimensionare quest’obbligo ma poi è stata edulcorata.
C’è stato un tentativo in Parlamento tempo fa di riequilibrare quest’obbligo tra i vari mezzi di comunicazione ma di sicuro gli editori di carta grazie ai buoni uffici dei vertici politici dei ministeri che contano hanno bloccato la sortita parlamentare.
Formiche.net sta dedicando tempo e lavoro ad approfondire un tema di cui i giornaloni di carta, ovviamente, evitano di occuparsi.
Per numeri e dettagli del “regalo di Stato” si può leggere l’inchiesta inappuntabile di Edoardo Petti che ha smascherato la magagna e la concorrenza sleale prodotta da Stato e pubbliche amministrazioni concedendo amorevolmente una succulenta rendita di posizione.
Poi abbiamo ascoltato i pareri di due manager di rilievo del settore come Marco Benedetto di Blitz Quotidiano e Andrea Santagata di Banzai.
Abbiamo raccolto le opinioni di quattro direttori di testate on line: Marco Alfieri (Linkiesta), Peter Gomez (Il Fatto quotidiano on line), Paolo Madron (Lettera 43) e Angelo Maria Perrino (Affari italiani).
E abbiamo sentito una giurista, esperta della materia, Vitalba Azzollini, che ha spiegato come e quanto i sussidi (diretti e indiretti) all’editoria di carta falsano la libertà editoriale.
Dunque il quadro dei favori è chiaro, i pareri di addetti ai lavori (manager e direttori di testate on line) sono netti, le valutazioni degli esperti sono taglienti.
Che fare, ora?
Occorre che il legislatore ponga fine a questa disparità, visto che si sentono spesso discorsi sulla fine di privilegi e di spese da tagliare come quelle degli enti locali, con gargarismi sulla libertà di informazione e sulle pari condizioni.
Ecco, è giunta l’ora di sapere se in Parlamento c’è qualcuno che vuole intervenire per cancellare questo regalo di Stato oppure vuole perpetuare a sovvenzionare indirettamente chi pontifica (giustamente) di concorrenza, merito e parità di trattamento e poi incassa prebende che smentiscono concorrenza, il merito e la parità di trattamento.