Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo la nota politica di Marco Bertoncini apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Un dinamismo inusitato. Le tante, fin troppe, frange della destra italiana tentano di ricucirsi in un tessuto unitario. Abbondano le riunioni, le convocazioni, gli inviti a riunificarsi, in questo mese piuttosto pressanti e talvolta perfino coincidenti, quanto ad appuntamenti. A volte si tratta d’iniziative che trovano sui giornali uno spazio più di curiosità quasi folcloristica che non di concreto interesse politico. È il caso del Mit, sigla di Modernizzare l’Italia, un’associazione promossa da un reduce di Fli, quale Enzo Raisi: già il riferimento a esponenti del movimento finiano, travolto dalle elezioni politiche, indica la debolezza di simili progetti.
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A conti fatti, sono due le iniziative maggiori in atto.
Da una parte, sta Fratelli d’Italia, che ha promosso, trovando l’adesione di Gianni Alemanno, l’Officina per l’Italia. Dall’altra è sorto il Movimento per l’Alleanza nazionale, mettendo insieme antichi esponenti missini, da Francesco Storace a Luca Romagnoli, da Adriana Poli Bortone a Roberto Menia a Domenico Nania, ciascuno titolare di una sigla o di un gruppo più o meno consistente.
Lo zelo di queste settimane ha un motivo preciso: si chiama Europarlamento. A maggio, alle europee, bisognerà raggiungere il 4%, soglia sotto la quale si resterà esclusi. Un tempo, invece, poteva bastare perfino mezzo punto percentuale. Nel 2004, infatti, riuscirono ad avere un seggio sia il cartello di tre movimenti raggruppato sotto la sigla di Alternativa sociale di Alessandra Mussolini (400mila voti, l’1,2%), sia la Fiamma tricolore di Luca Romagnoli (meno di 240mila voti, lo 0,7%). Il 4% è un obiettivo oggi irraggiungibile, stando ai sondaggi, sia da Fd’It di Larussa-Crosetto-Meloni, sia da la Destra di Storace. Tuttavia gli stessi sondaggi (da prendersi con una cautela ancor maggiore del consueto, perché si occupano di movimenti con scarso seguito e sui quali il margine d’errore può avere esiti imprevedibili) accreditano l’esistenza di uno spazio a destra che potrebbe superare, nell’insieme, l’asticella del 4%.
Le corse individuali potrebbero essere singolarmente premianti, ma l’esito finale potrebbe risultare disastroso, nel senso di buttare al vento svariate centinaia di migliaia di voti (ma anche ben più di un milione), senza conquistare alcun seggio. Per ora, non sembra proprio che le due maggiori componenti (i restauratori di An e Fd’It) vadano di buon accordo. Personalismi antichi si frammischiano a diversità politiche attuali. Da una parte, si vorrebbe riconquistare il simbolo di An, attualmente in capo a una fondazione, investita altresì da qualche vertenza giudiziaria provocata da qualcuno fra i tanti eredi dell’antico Msi. Dall’altra parte, invece, la questione del simbolo viene ostentatamente messa da un lato. Ci sarebbero poi i beni in capo alla fondazione: tutti asseriscono di non volerci pensare, ma è palmare che nessuno disdegnerebbe un sostegno per la propria campagna elettorale.
Al momento, tuttavia, l’antico mondo della destra prosegue nel proprio cammino fra divisioni in parte insuperabili (si pensi soltanto a coloro che si trovano oggi nel Pdl e sono intenzionati a transitare in Fi, cui in passato non aderirono). In buona misura, senza dubbio, le lacerazioni odierne sono ricomponibili: sulla carta, almeno. In effetti, sarebbe interesse dei tanti personaggi in scena trovare i necessari compromessi per costituire una nuova formazione di destra. L’euroscetticismo sarebbe un coagulo forte, ottimo proprio alle elezioni europee. Sono, però, soprattutto le ambizioni personali a bloccare, in prospettiva, la riconduzione a unità delle tante anime di destra.