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Intesa, Unicredit e Generali eccitati per il regalo in arrivo da Bankitalia

Consob contro Bankitalia. Il vero titolo dell’articolo era questo. Però il capo della divisione studi della Consob che ha scritto un’analisi su “quanto vale la Banca d’Italia” alla fine dice che “le opinioni espresse sono personali e non impegnano in alcun modo l’istituzione di appartenenza”, ovvero la Commissione presieduta da Giuseppe Vegas. Dunque il titolo “Consob contro Bankitalia sulla rivalutazione delle quote dell’istituto centrale” non sarebbe molto corretto. Per questo si può puntare sull’eccitazione con cui le banche azionisti dell’istituto governato da Ignazio Visco stanno seguendo la valutazione delle quote possedute in Banca d’Italia; rivalutazione foriera di agognati euro per azionisti del calibro di Intesa, Unicredit e Assicurazioni Generali, per citare solo i tre maggiori soci della Banca d’Italia.

IL MILIONARIO PACCO CHE STA INCARTANDO VISCO

Sulla base di un documento redatto dai professori Franco Gallo, Lucas Papademos e Andrea Sironi, la Banca d’Italia scrive: “Secondo i principi generali della finanza, il valore di un’attività finanziaria è pari al valore attuale netto del flusso di reddito che essa genera. Il valore delle quote della Banca è stato determinato utilizzando un Dividend discount model al fine di stimare il valore attuale netto del flusso di dividendi futuri che saranno percepiti dai partecipanti in base all’attuale disciplina”. Nel complesso, scrive l’Istituto governato da Ignazio Visco, “in base alle analisi svolte il valore complessivo delle quote si collocherebbe in un intervallo compreso fra 5 e 7,5 miliardi di euro”. Nel documento della Banca di via Nazionale si legge poi che “nelle attuali condizioni di mercato, qualora il capitale della Banca venisse aumentato a 6/7 miliardi e considerando un tasso di dividendo del 6 per cento (360 o 420 milioni in termini assoluti), il valore delle azioni dopo la riforma si collocherebbe all’interno dell’intervallo 5/7,5 miliardi di euro”.

MISTER CONSOB SVELA IL CADEAU IN PREPARAZIONE A PALAZZO KOCH

Giuseppe Siciliano, responsabile della divisione studi della Consob, nella sua analisi pubblicata su Lavoce.info – che riecheggia un’impostazione espressa a Formiche.net dall’ex ministro Rino Formica – ricorda che il gruppo di esperti della stessa Banca d’Italia hanno valutato le quote delle banche in Palazzo Koch tra 5 e 7 miliardi di euro e che la tassazione delle plusvalenze potrebbe generare fino a 1 miliardo di gettito fiscale. Siciliano con il suo studio ha due obiettivi: il primo è quello di capire come si può valutare il capitale di una banca centrale e il secondo di sottolineare “perché è importante che lo Stato sia l’unico azionista della Banca d’Italia”. Secondo Siciliano “le quote di capitale della Banca d’Italia non possono essere valutate come un qualsiasi titolo azionario, usando, ad esempio, il metodo del valore attuale dei dividendi futuri o il valore del patrimonio netto”. I profitti di una banca centrale, secondo il capo dell’ufficio studi della Consob, “sono di proprietà della collettività perché ottenuti sfruttando in regime di monopolio un bene pubblico, ossia il diritto di signoraggio”. Le riserve, aggiunge a titolo personale il capo dell’ufficio studi della Consob, sono investite in asset che generano a loro volta interessi e proventi, che si sommano ai ricavi derivanti dal diritto di signoraggio. In sostanza, tutti gli utili della Banca d’Italia derivano direttamente o indirettamente dallo sfruttamento di un bene pubblico”. Siciliano, dopo aver spiegato i diversi metodi possibili di valutazione delle quote, scrive che “a seconda del metodo, una forchetta congrua di valutazione dovrebbe essere compresa tra 1,3 e 1,7 miliardi di euro”. La conclusione “istituzionale” dello studio di Siciliano è la seguente: “Il tema delle riserve della Banca d’Italia è complesso e molto rilevante sul piano finanziario; si presta a diversi approcci di analisi, ma non può essere di competenza di soggetti privati. Solo lo Stato può decidere sulla destinazione di risorse prodotte con beni pubblici. Per questo è importante che lo Stato sia il solo azionista della Banca d’Italia”.



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