Leggeremo e approfondiremo nei dettagli la presa di posizione della Commissione europea sulla Legge di stabilità. Ma su quella che per alcune ricostruzioni giornalistiche è una bocciatura e per altri – come ritiene il Tesoro – solo una semplice indicazione di alcuni rilievi peraltro superati da provvedimenti governativi, conviene allargare l’orizzonte e abbozzare alcune considerazioni.
BRUXELLES NON PERDONA
La prima è che, bocciatura o rilievi che siano, oggi viene nuovamente smentita la vulgata secondo cui un premier credibile, competente e apprezzato in Europa era sufficiente per evitare ramanzine e bacchettate da parte della Commissione di Bruxelles. Così come deve essere definitivamente accantonata l’idea che tecnici blasonati e incensati dalla stampa possano essere la soluzione di tutti i mali.
POCHI SCONTI
Purtroppo il governo di Bruxelles ha impostazioni e procedure che esulano e travalicano la competenza e la credibilità dei presidenti del Consiglio italiani (ma ovviamente è altamente desiderabile avere premier autorevoli e non sbeffeggiati e screditati…) oltre che pluridecennali esperienze alla testa di istituzioni finanziarie di primaria importanza come è la Banca d’Italia come quelle vantate dall’attuale titolare del ministero dell’Economia.
COLPE CONDIVISE
La cronaca, e non i retroscena o le indiscrezioni, stanno indicando in questi giorni come e quanto un ministro tecnico alla Fabrizio Saccomanni, già direttore generale della Banca d’Italia, possa faticare a imporre priorità e soluzioni condivise in una maggioranza di larghe intese come quella che sorregge il governo Letta. E non si possono addossare solo ai rissosi e parolai partiti di governo (soprattutto Pdl e Pd) le responsabilità di una conduzione della politica economica che appare incerta e oscillante su diverse partite. Né si può pensare che gli attriti, pur presenti, fra premier e titolare del Tesoro (dall’Imu ad Alitalia, passando per Ansaldo Energia) siano alla base di una guida del ministero dell’Economia che non appare all’altezza del vertice, giunto in massima parte peraltro dalla Banca d’Italia.
LA GABBIA DEL FISCAL COMPACT
La morale da trarre dalla vicenda odierna sui rilievi della Commissione europea è che percorso e tempistica come quelli stabiliti dal Fiscal Compact – su cui si fanno spesso in maniera inopportuna professioni fin troppo fideistiche – stanno ingabbiando gli Stati in camicie di forza insostenibili in periodi di recessione. E le responsabilità degli euro fideisti sono ancor maggiori se si considera che non c’è alcuna seppur vaga idea esplicitata di come si possa rispettare uno dei principali vincoli: quello della progressiva riduzione del debito pubblico. Una riduzione che comporterà già dal prossimo anno misure da decine e decine di miliardi di euro. Il silenzio produce solo illusioni, foriere solo di ulteriori incendi sociali.