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Renzi ha abbattuto il Muro di Berlino del Pd costruito da D’Alema

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo l’analisi del direttore Pierluigi Magnaschi apparsa sul quotidiano Italia Oggi

Nella gara elettorale fra gli iscritti al Pd, il netto vincitore è stato Matteo Renzi con il 46,7% dei voti. Seguito, con il 38,4%, da Gianni Cuperlo (che è il candidato dei post comunisti alla D’Alema e alla Bersani; non a caso, Cuperlo fu l’ultimo segretario nazionale dei giovani comunisti, la famosa Fgci) e poi da Pippo Civati (9,2%), il candidato dei cani sciolti di sinistra che era partito, inizialmente, come renziano. La graduatoria si chiude con Gianni Pittella (sotto il 6%).

La vittoria di Renzi è stata clamorosa perché non si tratta di primarie aperte a tutti gli elettori. Queste si terranno il prossimo 8 dicembre. Quella che si è conclusa ieri è stata invece una competizione riservata ai soli iscritti, che sono sempre stati pilotati dalla nomenclatura del partito (fatta di amministratori locali, di parlamentari, nominati quasi tutti da Bersani in persona grazie al Porcellum, di funzionari di partito, di quadri della Cgil), gente specializzata, da sempre, a raccogliere il consenso.

L’affermazione di Renzi dimostra che le mura del castello del Pd sono cadute. Un po’ perché sono state aggredite da un outsider determinato, ma molto perché coloro che le difendevano dall’interno erano meno numerosi di un tempo, quando non, addirittura, si sono convertiti all’aggressore, facendo calare i ponti levatoi del partito che «viene da lontano» e precipitandosi in soccorso del vincitore. I pd che hanno votato Renzi sposano la modernità, si disfano degli orpelli ideologici (sempre negati ma, purtuttavia, sempre funzionanti) e diventano un partito senza debiti nei confronti di un passato, non solo imbarazzante, ma che, anche, non macina più.

Leggi l’articolo completo su Italia Oggi



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