Come onde improvvise nella calma di un mare piatto, la folla corre per fuggire dai lacrimogeni per poi fermarsi e dopo pochi minuti tornare al punto di partenza. Questo gioco si ripete per decine di volte sotto le stelle e i lampioni che illuminano piazza Tahrir. Non c’è molta gente in piazza, tra le seicento e le mille persone. Il movimento Tamarod, infatti, ha disdetto all’ultimo la sua partecipazione per paura di infiltrazioni dei Fratelli Musulmani e di possibili scontri.
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IL MEMORIALE VANDALIZZATO
Le persone sono scese in piazza il 19 novembre scorso per commemorare il secondo anniversario della morte di 40 uomini e donne durante gli scontri con i militari a Mohamed Mahmoud street, uno degli episodi che hanno segnato le prime fasi delle primavera araba. La decisione del nuovo governo egiziano (appoggiato dall’esercito che ha deposto l’ex presidente Morsi – oggi sotto processo) di inaugurare proprio il giorno prima un monumento che ricordasse quei morti ha finito per alimentare le polemiche da parte alcune organizzazioni giovanili. I ragazzi hanno criticato il fatto che siano proprio i militari, che oggi innalzano monumenti per ricordare i ragazzi morti, gli autori del massacro. Poche ore dopo il memoriale era già stato vandalizzato.
UNA RIVOLUZIONE PERMANENTE
La protesta ha un che di esotico agli occhi di un occidentale: ai lacrimogeni, alle cariche della polizia, alla classica maschera di Guy Fawkes simbolo degli indignados di mezzo mondo, ai tipici volti coperti da cappucci e sciarpe, si mescolano venditori di cibo da strada, di oggettistica varia e di the. L’atmosfera è a meta tra una manifestazione, a tratti anche burrascosa, e una sagra di paese. Il tutto, mi viene da pensare, è tipico di un Paese in rivoluzione permanente da ormai due anni: la vita segue il suo corso nonostante tutto. Vengo spesso al Cairo ed ero in Egitto anche ad agosto, pochi giorni dopo il massacro di Rabaa e Nada.
BUONA SICUREZZA
Mi colpisce sempre come l’esistenza scorra pacificamente nonostante tutto, come la nazione sia in gran parte sicura e molto più tranquilla di quello che si dica. Spesso sfugge come una rivoluzione permanente sappia avere molti volti, quasi sempre sappia essere calma come il mare di Alessandria nei giorni sereni, anche se a volte le acque diventano tempestose come solo l’inverno del Nord Africa sa essere.
DALLA PARTE DEI MILITARI
La maggior parte del popolo sta evidentemente con i militari ed è ovvio che, se il generale Abdel Fattah el Sisi si presenterà alle elezioni, vincerà a mani basse. Sarà la nuova costituzione a mettere le basi per controllare il suo potere. Lui ancora non ha fatto sapere quali siano le sue intenzioni, rimane rinchiuso nel suo mistero. Il nuovo uomo forte dell’Egitto parla poco e lo fa sempre con cognizione di causa. Quello che è certo è che la nuova legge fondamentale dello stato egiziano, che verrà sottoposta a referendum in dicembre, pone come limite quello di due mandati presidenziali. Regna ancora qualche incertezza sugli articoli che più toccano la laicità dello Stato, come le fonti della legislazione e i diritti delle minoranze religiose e delle donne, in quanto il governo, dopo aver diviso diviso il fronte islamico, sta tentando di trovare un compromesso con i Salafiti, mentre tutti i capi dei Fratelli Musulmani sono sotto processo. Difficile capire quale sarà l’equilibrio che si troverà, ma il Paese è fiducioso.
UN SEGNO DI DEMOCRAZIA
Bisogna ricordare che al Cairo vivono nove milioni di persone, 15 se si considera l’area metropolitana. Mille persone in piazza, quindi, sono davvero poche, ma rappresentano comunque un segno di democrazia. È ancora possibile essere sia contro i Fratelli Musulmani, che contro i militari.
LA NOTTE DEL CAIRO
La notte scorre e io mi perdo in questa danza fatta di lacrimogeni, ragazzi e ragazze, venditori ambulanti di cibi squisiti, maschere, ambulanze, scontri tra fazioni contro e pro militari. È un ballo strano, a volte contiene forze sane e vitali, ma in alcuni momenti rischia di lambire coni d’ombra che nascondono insidie fatali. La luce e il buio ballano insieme nella notte del Cairo. Verso mezzanotte e mezza la polizia sgombera la piazza con i blindati, i ragazzi rimasti si disperdono nelle vie laterali. La danza è finita, lascerà sul campo quattro morti e alcuni feriti – il bilancio degli scontri tra fazioni diverse – e la capacità della polizia di saper gestire, questa volta, una manifestazione che avrebbe potuto avere un bilancio decisamente peggiore.
LUCI E OMBRE
La mattina le acque del Nilo continuano a scorrere come fanno da millenni e l’Egitto si risveglia calmo e pronto per un nuovo giorno. La gente lavora e discute dell’omicidio, avvenuto pochi giorni prima, di un ufficiale della sicurezza – che avrebbe dovuto testimoniare in uno dei processi contro Morsi e che aveva gestito casi molto spinosi – e della decisione di inserire nella costituzione delle quote obbligatorie di parlamentari donne e di copti. Luci e ombre convivono, mentre alcune donne velate vendono frutta e verdura al mercato e alcuni ragazzi parlano del concerto ad Alessandria dei Mashrou Leila, rivoluzionario gruppo rock libanese, popolarissimo in tutto il Medioriente, il cui cantante, gay dichiarato, canta di temi estremamente controversi come sesso, omosessualità, matrimoni interreligiosi e terrorismo.