L’uomo che ha dominato la scena politica italiana negli ultimi vent’anni – tra i pochissimi ad aver dato il proprio nome ad un periodo storico – nondimeno uno dei principali protagonisti di quella internazionale, incontra i giovani del suo movimento ed è un fiume in piena. Parla a braccio, cita un suo vecchio discorso, racconta la sua prima vita da imprenditore e quella successiva da uomo al servizio dello Stato. Nella narrazione non manca di citare i successi conseguiti in entrambe, ma anche gli errori commessi, le delusioni vissute, gli amici, alcuni dimostratisi sinceri ed altri che hanno invece approfittato della sua buona fede e delle sue umane debolezze.
I suoi giovani lo accolgono con un tifo da stadio sventolando bandiere con il simbolo della sua rinata creatura politica. Cantano tutti in piedi “C’è solo un Presidente”. Molti di loro vent’anni fa erano bambini, probabilmente tra i tanti presenti parecchi erano appena nati: della prima Repubblica, di Tangentopoli, della gioiosa macchina da guerra della sinistra di Occhetto, della sua discesa in campo hanno solo letto negli annali dei giornali. E sono lì, ad ascoltarlo ed a esprimergli il loro sostegno ed affetto.
Alla sua veneranda età, la determinazione dell’uomo è quella di sempre, per certi versi ancor più rafforzata dall’amarezza e dalle recenti ingiustizie che sente di aver subito. Rifiuta ogni compresso al ribasso, l’ ipotesi di grazia che, se verrà, non sarà certo lui a chiederla, rimandando ai mittenti irricevibili proposte rieducative da personaggi in cerca di una facile e gratuita pubblicità. Le ritiene umilianti non tanto per se stesso, ma prima di tutto nei confronti di una intera nazione che dovrebbe poi giustificare al mondo di essere stata governata per tutti questi anni da un uomo bisognoso di essere rieducato.
Non ci è dato di sapere cosa succederà nei prossimi giorni, quale sarà l’esito di quello che, con parole forti e consapevole fermezza il leader ha definito un possibile vero e proprio colpo di Stato, un attentato alla democrazia. Tuttavia, piaccia o meno, coloro che lo davano per stanco e rassegnato, addirittura politicamente finito dovranno ricredersi. Indipendentemente dalle legittime simpatie e sensibilità, dall’appartenenza politica di ognuno, quel teatro gremito di giovani ragazze e ragazzi ha lanciato un chiaro messaggio univoco e palese: senatore o meno, il Cavaliere è sempre in sella ed in mezzo ai tanti gnomi dell’attuale panorama parlamentare e di governo, appare un gigante. Il leone è sempre Silvio Berlusconi: tutta la fauna della foresta politica italiana dovrà necessariamente fare i conti con lui, il suo passato, il suo presente e, soprattutto, il suo futuro.