Tra i primi ad annunciare la firma dell’accordo tra l’Iran e i Paesi del 5+1 è stato proprio Zarif, il ministro degli Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran, che ha scritto un breve ma efficace messaggio sul proprio profilo Twitter: We have reached an agreement!
BUONE INTENZIONI
Al termine di quattro intensi giorni di negoziato, e dopo due incontri preliminari caratterizzati da un grande entusiasmo iniziale e da un successivo raffreddamento la scorsa settimana, l’Iran e i Paesi del 5+1 hanno finalmente raggiunto un accordo preliminare in merito alla gestione del delicato dossier nucleare di Tehran.
Prima ancora degli aspetti tecnici del negoziato – che verranno definiti peraltro nella loro sostanza nel corso dei prossimi mesi – ciò che è importante rilevare all’indomani della firma dell’accordo, è la decisa e ferma volontà dell’Iran e degli Stati Uniti di arrivare allo storico risultato.
UNA VITTORIA DI WASHINGTON E TEHRAN
Per quanto altisonanti siano stati i toni della diplomazia europea, ed in particolar modo quelli dell’Unione stessa, della Francia e della Gran Bretagna, l’accordo si è raggiunto grazie all’iniziativa ed al ruolo dei due attori principali del negoziato: Tehran e Washington.
Una parte degli europei, anzi, ha apertamente quanto inutilmente rallentato la definizione dell’accordo nelle scorse settimane, esercitando ambizioni ormai tutto sommato nemmeno ipotizzabili sulla carta.
Ciò che è stata determinante, invece, è la manifesta volontà dei due storici rivali di uscire dal terzo round negoziale con un accordo quadro, esercitando in tale occasione tutta la necessaria flessibilità per definirlo.
LE CESSIONI IRANIANE
L’Iran ha dovuto bere l’amaro calice di non vedersi ufficialmente riconosciuto il diritto all’arricchimento, elemento sino a poco tempo fa non negoziabile, sebbene nella sostanza l’accordo lo preveda e lo sancisca con chiarezza.
Ed accettando questa condizione, Tehran ha dimostrato di comprendere l’esigenza di Washington di assecondare – sebbene solo parzialmente – le richieste di Israele ed Arabia Saudita.
L’Iran si impegna inoltre a sospendere il processo di arricchimento al 20% (da cui è semplice il salto al 90%, necessario per la realizzazione degli ordigni), vedendosi riconosciuta una capacità sino al 5%, oltre al mantenimento in esercizio delle principali installazioni coinvolte nel programma.
Verrà poi sospesa ogni attività nella centrale di Arak, il cui reattore ad acqua pesante avrebbe dovuto entrare in funzione all’inizio del 2014, e saranno autorizzate attività ispettive sistematiche ed approfondite, anche a sorpresa.
I VANTAGGI PER LA REPUBBLICA ISLAMICA
I Paesi del 5+1, invece, si impegnano ad una consistente riduzione delle sanzioni relative alla commercializzazione del petrolio iraniano, unitamente ai servizi a questo associati, incrementando anche la possibilità di commercio nel settore non-oil. Anche il divieto di commerciare in oro e metalli preziosi sarà revocato, permettendo in tal modo all’Iran di aprire ulteriori opzioni commerciali nel pagamento del proprio greggio soprattutto nelle mediazioni con alcuni paesi africani.
Verranno revocate le sanzioni sulle componenti relative al settore dell’aviazione civile e quello automobilistico, accogliendo in tal modo una richiesta di lunga data iraniana e permettendo ulteriore impulso nel settore della produzione industriale nazionale.
UN PASSO EPOCALE
Sebbene ancora nella forma di un accordo quadro, quello firmato nella notte tra il 23 e il 24 novembre a Ginevra ha i connotati di un epocale passo in avanti nella soluzione dell’antico e sedimentato problema tra Stati Uniti e Iran.
Le parti avranno adesso un anno di tempo per definirne gli aspetti tecnici ed operativi, rendendo in tal modo pienamente efficace l’accordo e, di fatto, spianando la strada per un ulteriore disgelo delle relazioni tra Washington e Tehran.
Circostanza eccezionale e certamente benvenuta dalla gran parte delle cancellerie del pianeta, ma che trova ancora numerosi ostacoli nell’aperta ostilità di alcuni attori coinvolti nel processo.
Non è un mistero che l’Arabia Saudita e Israele, che ha definito l’accordo un “colossale sbaglio”, vedano con estremo timore ogni ipotesi di riavvicinamento tra i due Paesi.
I PROSSIMI MESI
Ma è altrettanto vero che anche a Tehran e a Washington continuano ad essere presenti forti sacche di opposizione. Le prime figlie della rendita di potere determinata da oltre trent’anni di isolamento, le altre della concezione ideologica neoconservatrice del rapporto con l’Iran.
È quindi imperativo per Obama e Rohani il consolidamento del successo ottenuto attraverso una politica dei “piccoli ma concreti passi”, annullando ogni resistenza sul rispettivo fronte interno, ed al tempo stesso contenendo le spinte ostili sul piano regionale.
Un impegno non certo facile, ma che potrà oggi contare su un fronte di cooperazione internazionale decisamente ampio e fortemente motivato.