La più recente versione della dottrina militare russa afferma che “compito precipuo della Federazione è prevenire un conflitto nucleare e possibilmente ogni altro conflitto”. Il documento aggiunge che “la Federazione si riserva di utilizzare le armi nucleari in risposta al loro utilizzo (o all’utilizzo di altre armi di distruzione di massa), contro la Federazione russa stessa e/o contro i suoi alleati, nonché nell’eventualità di un’aggressione alla Russia che comporti l’utilizzo di armi convenzionali, quando l’esistenza stessa dello Stato sia minacciata”.
IL CONTRASTO ALLA NATO
In altre parole, le forze nucleari russe servono principalmente a lanciare un “secondo colpo” in risposta a un first strike atomico contro la Russia o contro i suoi alleati; in secondo luogo, a lanciare un “primo colpo” in risposta a un attacco chimico o biologico contro la Russia o contro i suoi alleati; e, terzo, per fare un “primo colpo” in caso di un’imminente catastrofe nazionale causata dall’attacco al suo territorio (ma non a quello dei suoi alleati). Questa terza possibilità evoca chiaramente la necessità di contrastare la superiorità della Nato allargata in termini di forze convenzionali e di armi di precisione, nonché a potenziali minacce che derivino dalla situazione strategica ad est, che sta mutando in un senso sfavorevole a Mosca.
LE DIFFERENZE CON GLI USA
In termini di dottrina militare nucleare, ci sono tre differenze fondamentali tra Stati Uniti e Russia. La prima è che gli Stati Uniti si riservano l’opzione nucleare contro potenze, nucleari e non, che violino il Trattato di non-proliferazione. In teoria, dunque, contro sette Stati: Russia, Cina, Iran, Corea del Nord, Pakistan, Israele ed India (gli ultimi due esclusi, per comprensibili motivi, dalla lista degli obiettivi realistici). La Russia invece si riserva questa opzione tanto contro gli Stati nucleari, quanto contro i loro alleati e partner, per un totale ipotetico di 40 nazioni. La seconda differenza è che gli Stati Uniti ammettono la possibilità di un “primo colpo” per difendere i propri alleati (con riferimento in particolare a Giappone, Corea del Sud e Taiwan, oltre che numerosi Stati dell’Alleanza atlantica) da attacchi con forze convenzionali, mentre la Russia non include questa possibilità. Da parte sua Mosca prevede di poter utilizzare armi nucleari in primo luogo in risposta a un attacco su larga scala con forze convenzionali, mentre gli Stati Uniti non contemplano questo scenario, per ovvie ragioni geostrategiche, dal momento che non sono vulnerabili a questo tipo di attacchi. La terza differenza è che Washington, nella sua strategia di deterrenza, ha posto crescente enfasi sui sistemi offensivi e difensivi non-nucleari, riducendo il ruolo delle forze nucleari. La Russia considera questo approccio come destabilizzante e recentemente ha incrementato, anche in prospettiva futura, il ruolo della deterrenza nucleare per garantire la sicurezza nazionale: la decisione russa di creare un nuovo sistema di missili intercontinentali (Icbm) è espressione specifica di questa tendenza.
I RAPPORTI CON LA CINA
I rapporti nucleari con la Cina sono molto più complessi. Nonostante l’apparenza coerente e lapidaria dello Stato, la posizione e la politica cinese in campo nucleare sono piuttosto contraddittorie. Pechino è l’unica delle grandi potenze che ha ufficialmente preso l’impegno, senza alcuna riserva, di non utilizzare per prima le armi nucleari. D’altra parte, è anche l’unica delle cinque grandi potenze membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu e dei cinque Stati nucleari firmatari del Trattato di non proliferazione (Tnp), che non offre alcuna informazione ufficiale concreta sulle proprie forze nucleari e sui relativi programmi di sviluppo. Autorevoli esperti russi hanno stimato che dai primi anni Sessanta la Cina abbia prodotto 40 tonnellate di uranio arricchito per usi militari e dieci tonnellate di plutonio, che sarebbero sufficienti per produrre 3600 testate atomiche. Assai probabile che metà di questo materiale fissile sia tenuto in stoccaggio e che metà delle 1500-1800 testate prodotte siano anch’esse in riserva: dunque circa 800-900 testate e bombe sarebbero utilizzabili operativamente con vettori di vario genere, tutti in grado di raggiungere la Russia, e nel 90% dei casi anche gli Stati Uniti. Inoltre Pechino sta cercando di aumentare la resistenza e la precisione dei suoi sistemi di early warning missilistici basati a terra e nello spazio, e ha condotto ricerche nel campo della difesa missilistica e delle armi antimissile. Sviluppi che assumono ancora maggiore significato nell’ambito della modernizzazione complessiva dell’Esercito di liberazione popolare e della superiorità cinese nelle forze convenzionali.
PARTNERSHIP E PROBLEMI
A dispetto dei progetti russi di “partnership strategica” con la Cina, le tendenze in corso possono avere spiacevoli implicazioni per la sicurezza nazionale di Mosca. La crescente capacità cinese di lanciare un attacco nucleare sul territorio europeo della Russia diminuisce il vantaggio di quest’ultima nel campo delle armi a raggio intermedio e nucleari tattiche, che al momento compensano la superiorità convenzionale cinese nel teatro siberiano e dell’Estremo oriente. Inoltre i negoziati tra Russia, Stati Uniti e Nato sullo sviluppo cooperativo di un sistema di difesa missilistico europeo hanno causato sconcerto a Pechino, che li percepisce come un riavvicinamento militare tra i due grandi contro la Cina. La proposta russa di sviluppare un comune sistema antimissile “settoriale”, in cui ciascuna parte intercetterebbe i missili sorvolanti il proprio territorio e indirizzati all’altra parte, ha lasciato alcune domande fondamentali prive di risposte: per esempio, la Russia dovrebbe intercettare ipotetici missili cinesi diretti verso gli Stati Uniti o l’Europa occidentale? E inoltre, mentre gli Usa considerano la possibilità di cooperare con la Russia sullo scudo antimissile, i politici e gli esperti di Washington non hanno mai menzionato la possibilità di coinvolgere Pechino, la quale potrebbe percepire la costruzione di un sistema russo-americano come una “cospirazione anticinese”. Ne potrebbero derivare serie complicazioni nei rapporti politico-militari tra Russia e Cina, portando a un’accelerazione del riarmo nucleare cinese e danneggiando direttamente la sicurezza nazionale russa.
Tratto dal numero di Formiche di ottobre 2013 (n. 85)