“Vivere è un po’ come giocare a poker. Se nella prima mezz’ora non capisci chi è il pollo, allora il pollo sei tu…” (Thomas “Amarillo Slim” Preston, campione di poker)
L’hanno definita “la rivolta delle partite Iva”. E’ quella dei 200mila professionisti a partita IVA esclusiva, iscritti insieme a molti altri alla gestione separata dell’Inps. E’ quella a cui ha dato un contributo importante anche CONFASSOCIAZIONI e che, incrociamo le dita, dovrebbe vedere il blocco (almeno per il 2014) dell’aliquota contributiva attraverso un apposito emendamento alla Legge di Stabilità del Ministro Giovannini.
Di cosa stiamo parlando? Parliamo di un meccanismo evolutivo profondamente ingiusto che, a partire da un’aliquota del 27% (a cui va oltretutto aggiunto lo 0,72% per maternità e malattia), porterebbe alla crescita di un punto percentuale all’anno dal 2014 per arrivare al 33% nel 2018, sulla base di quanto già previsto dalla Legge Fornero (92/2012).
Ma quella della gestione separata dell’INPS è una storia che va analizzata a fondo perché viene da lontano. Una storia iniziata con un’aliquota pari al 10% nel 1996 a seguito dell’applicazione della Riforma Dini del 1995. Una storia che sembra il gioco delle 3 carte.
Perché il gioco delle 3 carte? Il motivo è semplice. In questa gestione, sono state progressivamente accorpate tutta una serie di categorie che non afferivano ad altre gestioni oppure non avevano una propria cassa di previdenza. Le conoscono in pochi ma il sito dell’INPS è chiarissimo: la quasi totalità delle forme di collaborazione coordinata e continuativa (co-co-co), i venditori a domicilio, gli spedizionieri doganali non dipendenti, gli assegni di ricerca, i beneficiari di borse di studio per i corsi di dottorato di ricerca, gli amministratori locali, i lavoratori autonomi occasionali, gli associati in partecipazione, i medici con contratto di formazione specialistica, i Volontari del Servizio Civile Nazionale, i prestatori di lavoro occasionale accessorio.
Quali persone vi vengono in mente leggendo queste categorie? Benestanti di età avanzata che conducono attività lucrose dal punto di vista del reddito e devono contribuire in maniera importante alla propria pensione? Oppure giovani ad inizio carriera con posizioni professionali ancora precarie e redditi bassi? Mi sembra che la risposta sia chiaramente la seconda.