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Che cosa turba le Borse

Ieri, l’effetto accordo nucleare con l’Iran ha raggiunto in suo culmine all’apertura di Wall Street per poi attenuarsi progressivamente, alla luce del fatto che si tratta di un accordo preliminare e già soggetto a diverse critiche. Il brent europeo, principale impattato dal possibile arrivo della produzione iraniana, ha recuperato interamente le perdite e al momento tratta in linea con la chiusura di venerdi. Ciò ha presumibilmente causato la chiusura poco ispirata di Wall Street, dopo una partenza brillante. Altri catalyst non ce n’erano: i dati macro mediocri, con il FOMC di dicembre tra 3 settimane, sono good news.

MERCATI ASIATICI

Cosi anche Tokyo e Bombay hanno restituito parte dei guadagni di ieri, nell’ambito di una seduta asiatica opaca. In Cina il recente rialzo dei rendimenti dei titoli di stato, col 10 anni ai massimi dal 2005 (4.7%) comincia a catturare l’attenzione dei media, per il potenziale impatto sui costi di finanziamento delle aziende. Oltre a ciò, vi sono indiscrezioni che il banking regulator sta predisponendo misure per impedire alle banche di eludere i controlli sul credito erogato. In sostanza, si comincia a sentire puzza di inasprimento delle condizioni finanziarie, il che innervosisce un po’ gli investitori. Per il momento i tassi monetari stazionano sopra le medie di periodo, ma lontani dagli eccessi di giugno.

MERCATI EUROPEI

La mattinata europea vedeva la pubblicazione della consumer confidence italiana. La lettura relativamente positiva (98.3 da prec 97.3 e vs attese per 97.5) è stata controbilanciata dall’impatto dell’annuncio ufficiale dell’aumento di capitale di Montepaschi, che ha inizialmente depresso il settore bancario, producendo l’ormai consueta sottoperformance del Mibtel. Successivamente il mercato è diventato  più selettivo nei suoi target, e Milano si è riportata in linea coi peers.

TITOLI ITALIANI

Sorprendente la performance dei titoli di stato italiano, oggetto di acquisti insistenti in particolare sulle scadenze brevi. A fine giornata i cali dei rendimenti sulle scadenze 2/3 anni ammontano a 7/8 basi points. L”asta di giovedi per 2.5 bln € ha frenato un po’ la domanda sul 10 anni, che comunque ha chiuso al 4.05% tenendo testa al rally del bund. La caccia al rendimento in un contesto disinflattivo che promette tassi bassissimi a lungo continua ad essere il driver della domanda di titoli di stato italiani ed, in minor misura, spagnoli.

Nuovamente contrastanti i dati macro in US:

– I permessi di costruzione di settembre e ottobre hanno rivelato letture assai elevate (in particolare il secondo è uscito a 1034.000 vs attese per 930.000 e massimo dal 2008). Detto questo, il rialzo dipende qausi interamente dalla volatile componente dei multy-family. I dati sui cantieri sono stati rinviati al 18 dicembre prossimo causa shutdown.

– Il Richmond FED manufacturing index , quinta e ultima survey regionale per novembre, è il primo a sorprendere significativamente al rialzo le attese (13 da prec 1 vs attese per 4). Bel balzo dei new orders (da 0 a 15). Tra le altre survey solo New York ha indicato contrazione, ma anche Dallas e Philadelphia hanno missato le stime.

– La consumer confidence di novembre ha invece deluso il consenso che attendeva un rimbalzo (70.4 da prec 72.4 vs attese per 72.6), segnando il minimo da aprile. A pesare, il calo di quasi 3 punti del sottoindice relativo alle attese, assestatosi ai minimi da marzo. La nota positiva viene dagli indicatori relativi al mercato del lavoro, dove si percepisce un leggero miglioramento della situazione.

Giuseppe Sersale
Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr


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