Il variopinto, pavido e oscurantista fronte antiberlusconiano ha scritto una pagina nera nella storia repubblicana facendo, di una democrazia senza qualità, un insieme politico subordinato ad una congrega di pm che, dal borelliano “resistere, resistere, resistere” è passato al decisionista “eliminare, eliminare, eliminare”. Espellendo dal senato il capo dell’opposizione popolare, quei frontisti hanno fatto di Berlusconi un leader extraparlamentare, dotato di una facoltà di trascinamento molto più forte del traccheggiamento di quanti hanno abiurato persino alle residue loro prerogative garantiste per consegnarsi anima e corpo ad un gruppetto di funzionari onnipotenti, così trasformando un ordinamento rappresentativo in una succursale di una minoranza militante di un ordine giustizialista.
Questi eroi della via giudiziaria al potere si sentono più forti, mentre sono in realtà diventati più deboli, totalmente esposti ai desiderata di piccoli burocrati che hanno messo sotto scacco gli stessi massimi vertici dello Stato. Enrico Letta ha confessato a Putin di consumare quasi tutte le sue energie per fronteggiare il caos politico che, con la notte della repubblica del 27 novembre 2013, è aumentato, non diminuito. Persino media da lunga pezza ostili al Cav, e sostanzialmente divenuti portavoce della procura milanese, come il Corriere della Sera, ammettono, con Antonio Polito, che “si poteva anzi “si doveva finire meglio” e non con una “democrazia a lutto”.
Questa brutta, e speriamo non nefanda, pagina di storia repubblicana obbiettivamente costituisce una risposta negativa a due concetti fondamentali emersi dal dopovoto dell’inverno scorso: la necessità urgente di una pacificazione nazionale; la elezione di Napolitano ad un secondo mandato per garantire tale pacificazione e dare vita ad un governo delle grandi intese che sostanziasse un nuovo contratto generale e raccogliesse il consenso parlamentare e politico di due aree sin lì antagoniste. Ciò al fine di cercare di riacquistare credibilità economica internazionale e persuadere larghe fette di popolazione ad una politica economica mirata ad una ripresa, non ad ulteriori fallimenti. Invece, ai vecchi odi e veleni, se ne sono aggiunti dei nuovi. La consapevolezza della responsabilità è stata mandata in frantumi nell’illusione che, sbarazzatisi per via giudiziaria di Berlusconi, si fossero automaticamente create le condizioni per stabiliz¬zare alleanze depurate e meglio convergenti.
Calcoli meschini, più che politici. Il nuovo Pd alle porte non vuole né grandi, né piccole, né strette intese; vuole rottamare, fare tabula rasa di tutto: di un Pd che ha dimenticato e smarrito le proprie origini, lontane e prossime, e si è immolato sull’altare dell’oscurantismo giudiziario. Con un M5S che si vede sottrarre le piazze dal resuscitato Berlusconi. Con una Germania più forte e dominante che ripesca il grancoalizionismo. Con un papa che scrive chiaro e forte a chi dovrebbe intenderlo: “Un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in se stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno”.
Quei senatori che si sono divertiti a respingere anche le pregiudiziali di buonsenso avanzate (da Casini, Boccia, Onida e Violante) per dare un minimo di dignità ai diritti della difesa, hanno in realtà brindato alla premorte della repubblica. Ai valorosi 192 senatori (compresi sei a vita) implicati in tale impresa, dedico questa breve poesia del grande Giorgio Caproni, che certo non era un berlusconiano: “NELL’AULA / la legge è uguale per tutti / (farabutti)”.