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Tutte le guerre che si combattono in Siria

Pubblichiamo un articolo di Affari Internazionali

Per il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, l’Iraq è tornato a essere un problema. Dopo la famosa lettera datata 2005 ed indirizzata all’allora leader dello Stato islamico d’Iraq (Isi) Abu Musab al-Zarqawi, nel giugno di quest’anno il medico egiziano è tornato a scrivere all’attuale emiro del gruppo iracheno, Abu Bakr al-Baghdadi, esortandolo senza mezzi termini a tornare sui propri passi.

NON ALLINEATI
Se al tempo al-Zawahiri intervenne per chiedere ad al-Zarqawi di porre un freno alla brutale violenza contro i civili del suo gruppo, questa volta è intervenuto per dirimere una controversia apparsa come una delle più grandi fratture nella storia della militanza jihadista contemporanea.

La questione risale ad aprile, quando al-Baghdadi comunicò la fusione dell’Isi con il gruppo jihadista siriano dello Jabhat al-Nusra in una nuova entità, lo Stato islamico di Iraq e al-Sham (Isis), confermando le voci di quanti volevano i jihadisti iracheni impegnati in prima linea nella lotta contro il regime di Bashar al-Assad.

L’annuncio di Baghdadi venne tuttavia respinto prima dallo stesso emiro dello Jabhat, Muhammad al-Jawlani, il quale sottolineò tra l’altro di non essere stato nemmeno consultato, e poi da al-Zawahiri, chiamato in causa affinché dichiarasse nulla la fusione e proclamasse il carattere prettamente locale dello Jabhat.

La vicenda appare emblematica non solo per l’aperto scontro tra al-Zawahiri e al-Baghdadi, il quale poche settimane dopo rispose con un secco rifiuto alla richiesta di sciogliere l’Isis, ma in quanto ribadisce il ruolo di primo piano che l’Isi sta continuando a giocare in Siria.

DISOBBEDIENTI DI SUCCESSO
La situazione sul campo continua infatti a mutare a favore dell’Isis, con un numero crescente di brigate jihadiste ed unità dello Jabhat che hanno prestato giuramento di fedeltà ad al-Baghdadi, legittimando nei fatti la sua decisione.

Le capacità militari del gruppo e il costante flusso di armi e combattenti che dalla provincia irachena di al-Anbar entrano in territorio siriano, spiegano in parte la scelta opportunistica delle fazioni jihadiste dell’opposizione armata di unirsi ai ranghi dell’Isis, in grado inoltre di attirare ed accogliere tra le sue fila anche il fulcro dei combattenti stranieri prevenienti da Nord Africa, Europa e Asia centrale.

Secondo fonti statunitensi, lo stesso al-Baghdadi avrebbe spostato da questa estate la sua base operativa in Siria, una scelta che non significa direttamente aver fissato come priorità strategica il teatro siriano rispetto all’Iraq, ma che suggerisce come per l’Isis il conflitto contro il regime di Assad sia totalmente funzionale per le proprie operazioni in Iraq.

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Ludovico Carlino è PhD Candidate in International Politics presso la University of Reading, Regno Unito. Ricercatore del Cisip (Centro Italiano di Studi sull’Islam Politico) ed analista per la Jamestown Foundation, le sue linee di ricerca sono focalizzate sui movimenti jihadisti dell’area MENA e sulle dinamiche socio-politiche dello Yemen.



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