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La pasticceria di Scalfari sulla legge elettorale

Ben scritto, per carità, e come al solito, ma l’editoriale con il quale Eugenio Scalfari ha rimproverato alla Corte Costituzionale un “pasticcio, subbuglio, vero e proprio sfascio” per avere mutilato del premio di maggioranza e delle liste bloccate la legge elettorale con la quale si è votato dal 2006 in poi, segna una svolta sorprendente in una certa cultura, e forse anche militanza politica.

SCALFARI VUOL DIRE NAPOLITANO?

E’ una svolta ancora più clamorosa se si volesse o potesse attribuire al fondatore de la Repubblica la fortuna,  ancora una volta, di tradurre in termini più espliciti certi umori e opinioni del presidente della Repubblica, quella vera, non di carta. La cui esortazione, espressa qualche giorno fa, a “ribadire il già sancito, dal 1993, superamento del sistema proporzionale” combacia con l’accusa rivolta da Scalfari alla Corte di avere prodotto con la sua decisione “il risultato pessimo” di ripristinare il sistema proporzionale “superato”, come ha avvertito appunto Giorgio Napolitano, con il referendum elettorale di vent’anni fa. Che era stato promosso da Marco Pannella e da Mario Segni chiudendo in qualche modo la ristrutturazione del sistema proporzionale avviato due anni prima con un altro referendum: quello che aveva ridotto ad uno solo i voti di preferenza, sino ad allora plurimi, permessi agli elettori.

L’ANGOSCIA PROPORZIONALE

Per evitare il “pessimo risultato” da lui lamentato, e al al quale non si sa se e come riusciranno a rimediare in tempi brevi i partiti con un altro intervento legislativo prima di nuove elezioni, la Corte avrebbe dovuto bocciare, secondo Scalfari, tutta la legge chiamata Porcellum. E ripristinare automaticamente quella precedente, chiamata Mattarellum. Opinione, questa, condivisa con Scalfari, sullo stesso giornale e nello stesso numero, dall’ex presidente e ora presidente emerito della Corte Gustavo Zagrebelski.

In pratica, a Scalfari, Zagrebelsky ed altri in angoscia per gli effetti proporzionalistici della decisione presa dalla Corte non è piaciuta l’operazione di tagli e cuci che i giudici hanno compiuto bocciando solo alcune parti della legge e non altre. Ma questa operazione di chirurgia, o sartoria, più o meno sottile di taglio e cucito nella materia delicatissima delle regole elettorali, prima ancora di compierla direttamente, la Corte Costituzionale l’ha consentita negli anni scorsi ai promotori dei referendum abrogativi, anche quelli elettorali. L’ha consentita ammettendone i quesiti da sottoporre agli elettori e spianando così la strada alle loro vittorie.

IL TAGLIA E CUCI DEGLI ANNI NOVANTA

Allora, più in particolare, nel 1991 con il passaggio da più preferenze ad una sola, e nel 1993 con il “superamento”, come dice Napolitano, del sistema proporzionale, il taglia e cuci apparve a Scalfari, Zagrebelsky, Mario Segni e tutti gli altri cultori del sistema maggioritario un’operazione eccellente, più che lecita. Se ora non lo è, bisognerebbe coerentemente ammettere che non lo fu neppure in passato. E trarne le conseguenze logiche e culturali, sino alla delegittimazione morale, visto che quella formale sarebbe irrealistica, di tutti i passaggi e cambiamenti di sistema celebrati invece una ventina d’anni fa, e dopo, come conquiste di una democrazia moderna e salvifica.

Nel 1993, come ho già ricordato su Formiche di qualche giorno fa, non ci si limitò a permettere, abrogando parole e persino virgole di questo o quell’articolo della legge sino ad allora in vigore per l’elezione del Senato, di passare da un sistema proporzionale ad un sistema misto, prevalentemente maggioritario, fatto di 75 per cento del primo e 25 per cento del secondo. Si pretese e si riuscì in pochi mesi, con il cosiddetto Mattarellum spinto come un treno rapido addirittura dal Quirinale, di applicare il prodotto di quel referendum sulla legge del Senato anche all’elezione della Camera. E con le liste o listini bloccati, sempre del Mattarellum, per l’assegnazione della quota proporzionale dei seggi parlamentari si abolì anche il voto unico di preferenza sancito dagli elettori nel referendum del 1991. Così si anticipò peraltro la porcata completata nel 2005 con le liste interamente bloccate. Che la Corte ha considerato illegittime, al pari di un premio di maggioranza che, senza una soglia minima di accesso, in un sistema non più bipolare ma tri-quadripolare, e addirittura  con criteri diversi di assegnazione fra Camera e Senato, si è trasformato in una lotteria a dir poco indecente. E in un boicottaggio alla governabilità del Paese.

I PASTICCI

I pasticci non sono nati purtroppo in questa fine d’anno, con l’ultimo verdetto della Corte. La pasticceria elettorale e politica lamentata da Scalfari è vecchia di più di vent’anni. E lo ha purtroppo annoverato fra i suoi clienti ed estimatori.



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