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Pensioni, Renzi fa troppo il Grillo

Il tema delle pensioni “d’oro” continua a ritornare implacabile tra gli emendamenti alla legge di stabilità proposti dai parlamentari del PD. In una nuova versione, si vuole escludere il cumulo con altri redditi – non si capisce bene se per le nuove pensioni o quelle già in pagamento – per quelle superiori a un certo limite, 50.000 euro. Il Senato ci ha già messo del suo, con l’eliminazione dell’indicizzazione per quelle sopra 6 volte il minimo e un contributo di solidarietà fortemente progressivo sopra i 90.000 euro.

UNA STRANA LOGICA

La logica pare sempre la stessa: pensioni superiori a 3000 o 5000 euro lordi – cioè rispettivamente oltre i 2.000 o 3.000 euro netti – sono “inaccettabili”, al confronto dei milioni di pensioni da meno di 1000 euro e dunque vanno ridotte, tassate, penalizzate in ogni modo possibile. Ma non è una gran logica. La Corte Costituzionale ha già dichiarato incostituzionale un precedente contributo di solidarietà non dissimile da quello appena approvato al Senato, per il semplice motivo che non teneva conto della situazione reddituale complessiva dei soggetti colpiti; probabilmente la sua scure si abbatterà anche sulla nuova misura. A nessuno di questo aggressivi redistributori sembra passare per la testa che i redditi alti già pagano aliquote IRPEF del 43 per cento; per quelli con redditi superiori a 300.000 euro vi è un ulteriore aggravio di altri 3 punti percentuali. A quanto deve salire l’aliquota marginale, prima che i redistributori del PD siano soddisfatti?

UN SISTEMA PENSIONISTICO GENEROSO

C’è poi anche un altro concetto, molto in auge, secondo il quale ci si dovrebbe far restituire dai titolari di pensioni elevate – sempre quelle sopra i 2.000 o i 3000 euro il mese – parte della differenza in eccesso rispetto alla pensione contributiva “pura”, calcolata cioè in base al valore attuariale dei contributi versati. In effetti, il sistema pensionistico è stato generoso, a questo riguardo, con due categorie di pensioni: le pensioni di anzianità, con le quali si scaricavano sul sistema pensionistico le ristrutturazioni aziendali, e le pensioni d’invalidità, utilizzate come strumento di sostegno al reddito in zone economicamente arretrate. Ma dobbiamo anche ricordare che i regali maggiori hanno riguardato le pensioni d’importo minore: le pensioni regalate alle clientele elettorali, soprattutto (ma non solo) nel Sud, e le pensioni baby agli impiegati pubblici, ottenute dopo due decenni scarsi di lavoro. Pensioni modeste, ma a fronte delle quali i versamenti dei contributi erano trascurabili. Non sempre si tratta di persone in condizioni d’indigenza, bisognerebbe verificare. Ma questo regalo nessuno lo vuol ridiscutere, perché si tratta di milioni di elettori.

Dunque, si perpetua l’immagine del PD come quella del partito che tende a colpire i redditi elevanti, visti come illeggittimi di per sè. Le pensioni non sono che l’ennesima manifestazione di una filosofia egualitaria che non promette bene per il ritorno a un’economia funzionante di mercato, quando potranno governare. Promettono redistribuzione perché non hanno alcuna intenzione di mettere in questione i vincoli che impediscono al mercato del lavoro di funzionare.

Articolo tratto dal sito Inpiù


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